L’85% degli italiani è contrario alle adozioni gay.
Secondo sondaggi condotti da IPR Marketing, in Italia la stragrande maggioranza della popolazione non accetta l’idea che un bambino possa essere privato del papà o della mamma e cresciuto da una coppia omosessuale.
Come spiega sul Quotidiano Nazionale il direttore di IPR Marketing, Antonio Noto, mentre il 74% dei cittadini si dice favorevole al riconoscimento delle unioni civili tra coppie eterosessuali, il 40% si oppone alle unioni gay. Segno che c’è ancora una gran parte di opinione pubblica del Bel Paese che crede ancora nel dato di natura. E infatti si scende al 38% di favorevoli ad un vero e proprio “matrimonio” omosessuale.
Ad ogni modo – per onestà va rilevato – si tratta di percentuali preoccupanti, impensabili solo qualche decennio fa. Segno che la “Rivoluzione” procede spedita grazie alla propaganda, cedimento dopo cedimento dei buoni.
Comunque, ad oggi solo il 15% degli italiani farebbe adottare bambini a coppie dello stesso sesso.
Noto scrive poi che «il tema dei diritti specifici (assistenza familiare al partner malato, reversibilità della pensione, adozione), invece, vede gli italiani assumere posizioni più articolate. Su due questioni, larga parte del campione è propensa ad andare incontro alle richieste delle coppie omosessuali: la possibilità di assistenza di un partner convivente in caso di ricovero ospedaliero (72%) e l’ammissione quale erede naturale pro-quota con altri eventuali familiari in caso di decesso del partner (55%). Respinte, diversamente, la garanzia del mantenimento economico in caso del rapporto di convivenza (favorevole il 44%), così come la reversibilità della pensione del convivente (32%)».
Il problema però – secondo noi – è la cattiva informazione. Infatti per giustificare il ddl Cirinnà ed ogni altro progetto di legge simile si ripete di continuo che il partner omosessuale non può assistere il compagno malato all’ospedale, non può subentrare nel contratto di affitto, ereditare e così via. Falso. Tutto falso. Già ora, con norme statali, contratti privati e sentenze della magistratura che fanno giurisprudenza (lo abbiamo detto tante volte), tutto ciò è possibile, anche per gli omosessuali.
Quanto alle coppie etero, inoltre, non si vede perché andrebbe riconosciuta la loro convivenza, dal momento che potrebbero tranquillamente contrarre nozze civilmente. Se due decidono liberamente e coscientemente di non sposarsi e di convivere significa che non vogliono assumersi certi doveri e dunque non possono godere nemmeno di certi conseguenti diritti. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Noto conclude affermando che «il cambiamento degli stili di vita e l’accettazione dei nuovi comportamenti sono processi lunghi che si metabolizzano nel corso di molti anni. Per esempio nei sondaggi effettuati dieci anni fa si registravano molte resistenze all’approvazione del riconoscimento delle unioni civili etero: allora i contrari superavano i favorevoli. Oggi l’opinione è cambiata. Quindi, probabilmente, anche l’apertura verso i diritti delle coppie omo ha bisogno di un tempo maggiore per poter passare dalla presa d’atto a una fase di accettazione sociale. Tra l’altro mentre la problematica dei diritti delle coppie di fatto era già in agenda all’inizio degli anni 2000, il riconoscimento delle unioni tra gay è entrato nell’agenda politica e nel dibattito pubblico solo qualche anno fa».
La legge però, pur potendo essere preparata da un nuovo modo di sentire dell’opinione pubblica, crea cultura e fa tendenza. Se vogliamo arrestare il processo dissolutorio della famiglia, è necessario fermare ora e subito il ddl Cirinnà. Senza se e senza ma.
E agli italiani dotati ancora di buon senso e di ragione va spiegato chiaramente che se venissero riconosciute le unioni gay (che poi sarebbero “matrimoni” de facto) senza adozioni, prima o poi queste ultime arriverebbero per via giudiziaria.
Purtroppo oggi, cedimento dopo cedimento dei buoni, la battaglia si fa solo su stepchild adoption ed utero in affitto, ovvero sulle conseguenze. Invece il problema sono le unioni civili in sé.
Redazione