Adottare oggi? Un’impresa titanica riservata a pochi. Infatti le adozioni, soprattutto quelle internazionali, sono caratterizzate da una serie di problemi cui pare nessuno presti attenzione, in primis: difficoltà economiche, elefantiasi della burocrazia e scarsa sensibilità della politica.
Il tutto con la conseguenza che il numero dei bambini che vengono adottati continua a scendere, di anno in anno.
Analizzando solamente il panorama italiano, il numero delle domande di adozioni internazionali ha subito un costante calo negli ultimi anni. Si è passati da 4130 minori, per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia nel 2010, a 2825 nel 2013 (Fonte: “Dati e prospettive nelle adozioni internazionali. Rapporto sui fascicoli dal 1 gennaio al 31-12-2013” – Presidenza del Consiglio dei ministri – Commissione adozioni internazionali). Negli ultimi due anni, secondo dati ancora non ufficiali, i minori adottati sarebbero stati 2000 nel 2014 e 1800 nel 2015. La contrazione in cinque anni è complessivamente stimata del 56%.
Il grafico riportato di seguito (consultabile sul sito dell’AiBi – Associazione Amici dei Bambini) lo evidenzia.
La crisi della vocazione adottiva
Se consultiamo i dati relativi all’adozione nazionale, riscontriamo anche in questo caso una forte riduzione delle domande: dalle 17mila del 2006 alle 11mila del 2010, ultimo dato disponibile. Resta comunque alta la sproporzione fra coppie e bambini: dieci coppie disponibili per ogni bambino, cosa che ha spinto e spinge molte coppie ad adottare fuori dai confini nazionali.
Se ne può concludere che l’adozione internazionale vive oggi la crisi più grave della sua storia nel quadro di una più generale crisi della scelta adottiva. Essa fa da corrispettivo ad una diffusa mancanza di attenzione verso l’adozione come istituto.
In effetti, per soddisfare il desiderio di genitorialità le coppie battono sempre più altre strade: la fecondazione artificiale, l’utero in affitto, etc.. E altre sono le storie che attirano l’attenzione dell’opinione pubblica e l’interesse della politica. E’ come se un cerchio si fosse chiuso, e questo cerchio include al suo interno il via libera alla fecondazione eterologa e lo sdoganamento della dittatura del gender nelle scuole, istanze legate alla lobby gay, ed esclude la scelta adottiva, che è poi una scelta che mette davvero i bambini al centro.
Adottare non è facile. Le coppie che richiedono l’idoneità all’adozione devono rispondere a requisiti di età, di salute, economici, giuridici etc.. Devono sottoporsi ad accertamenti clinici ed a colloqui di ore con psicologo ed assistente sociale. Li attende, quindi, una lunga trafila con tempi di attesa di anni. Il tempo medio dalla disponibilità presentata in tribunale all’autorizzazione all’ingresso dei minori in Italia è, secondo l’ultimo rapporto della Cai, di 3,3 anni, con punte massime di 5,5 per coloro che hanno adottato bambini dalla Lituania.
Il procedimento comporta, pertanto, grande motivazione e grande affiatamento di coppia. Le coppie vanno incontro ad una peregrinazione, che non è solo quella che le condurrà spesso dall’altro capo del mondo, ma che è ancor prima una peregrinazione interiore. Quest’ultima matura nella sofferta speranza di veder realizzato il desiderio di genitorialità e nella certezza di “riparare ad una situazione di abbandono di un minore”. I genitori adottanti diventano, lungo questo percorso, “protagonisti attivi nel servizio della carità verso coloro che hanno più bisogno di noi. E’ la gioia del dare che è più grande di quella dell’avere…”, scriveva Osvaldo Rinaldi su Zenit.
Il bambino che viene proposto può essere orfano, può essere abbandonato senza che nessuno lo reclami o provenire da famiglia alla quale è stata tolta la patria potestà. In ogni caso, è un bambino che ha sofferto una situazione di abbandono, cui sarà difficile restituire o offrire una normalità.
Problemi economici e complicazioni burocratiche
I costi sono importanti (si spendono fino a 40mila euro). Essi si suddividono tra quelli sostenuti in Italia per le fasi preliminari, affidate a uno dei circa 70 enti autorizzati dalla Commissione adozioni internazionali (informazione e formazione della coppia, individuazione del Paese estero, assistenza nella preparazione e nell’inoltro dei documenti al Paese prescelto, assistenza prima e dopo l’adozione) e quelli sostenuti all’estero (abbinamento del bambino ed espletamento dell’iter legale, viaggio, vitto e alloggio nel periodo di permanenza).
Nel 2005, per sostenere le famiglie adottanti fu istituito un Fondo di sostegno (DPCM 28 giugno 2005). Esso era finalizzato al rimborso di una quota di spese sostenute (fino al 50 per cento del totale, a seconda del reddito) e nel 2006 le funzioni di questa misura furono inserite nel Fondo per le politiche della famiglia (art. 19, comma 1 – Decreto legge 223/2006). Oggi la crisi e i tagli lineari di spesa hanno infierito anche in questo settore, per cui fondi sono stati erogati per coprire il sostegno alle adozioni conclusesi nel 2010, ma solo parzialmente per quelle chiuse nel 2011 (si veda il comunicato ufficiale della Commissione Adozioni Internazionali del 31-1-2015). Nessun rimborso è stato, al momento, riconosciuto per le adozioni espletate dal 2012 in poi.
Ma i problemi delle famiglie adottive non sono solo di ordine economico.
Le adozioni vedono interagire soggetti diversi. C’è la burocrazia che impone complessi iter di selezione, sottoponendo le coppie a procedure elefantiache, dispersive e scoraggianti. Ci sono complicazioni internazionali che possono intervenire e verso cui le coppie sono del tutto impotenti.
Tali situazioni interrogano la politica, che avrebbe il dovere morale di dare risposte. Tuttavia, i tempi della politica sono lenti e le priorità sono altre: la stepchild adoption, ad esempio.
Clemente Sparaco