Mentre fervono i preparativi per il Congresso Mondiale delle Famiglie (World Congress of Families, WCF), in programma a Verona dal 29 al 31 marzo 2019, arriva il nuovo rapporto Istat sulla natalità che evidenzia una situazione a tinte nere. Nel 2017 si sono registrate ben 15000 nascite in meno rispetto all’anno precedente, confermando quindi un trend negativo iniziato nel 2014. Negli ultimi tre anni infatti, si sono registrate in totale in Italia 45000 nascite in meno. Il rapporto Istat mette in luce un aspetto in particolare, ossia il fatto che il calo dei nati risulti particolarmente accentuato per le coppie di genitori entrambi italiani, che scendono a 358.940 nel 2017 (14 mila in meno rispetto al 2016 e oltre 121 mila in meno rispetto al 2008).
Ma quali le cause? Il calo demografico è dovuto soprattutto alla riduzione notevole della popolazione femminile in età feconda, fissata tra 15 e 49 anni. Le donne italiane sono sempre meno numerose. A quelle che superata l’età escono dalla fase riproduttiva, fa da contraltare una diminuzione consistente della popolazione femminile fra le nuove generazioni. A ciò si aggiunga la crisi economica che scoraggia le giovani coppie a tentare la strada della maternità per paura di perdere il lavoro (precario) o di non riuscire a far fronte alle spese legate alla crescita dei figli.
Nel 2017 è stata inoltre registrata una consistente diminuzione dei matrimoni: soltanto 191.287 quelli celebrati, invertendo purtroppo una tendenza che sembrava invece in recupero, visto che nel 2016 erano stati oltre 200000. Dopo aver mostrato una lieve ripresa a partire dal 2015 il numero delle nozze ha subito ora una nuova preoccupante battuta d’arresto.
Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia presso l’Università di Milano Bicocca già lo scorso anno, di fronte ai dati diffusi a fine 2017 e relativi al calo demografico del 2016, aveva lanciato l’allarme dicendo: «Le famiglie italiane fanno pochi figli perché incontrano innumerevoli difficoltà e devono arrangiarsi in tutto, stante che il sistema non li aiuta anche se ne beneficerebbe. Chi, eroicamente, fa la scelta di investire in una famiglia di più di due figli, si trova di fronte a un clima diffuso che non dà gratificazioni, ma mortifica. Poi, è chiaro anche che gli uomini e le donne di oggi non sono più quelli di cinquant’anni fa: manca la propensione al sacrificio, il lavoro è più instabile, sono cambiati i valori».
Aggiungiamo pure l’interesse dello Stato a sostenere politiche in aperto contrasto con il progetto della famiglia, come dimostra la Legge Cirinnà sulle unioni civili, che mentre si preoccupa di riconoscere diritti alle coppie gay non si cura minimamente di rimuovere le cause che impediscono ai giovani di sposarsi e fare figli. Ora c’è da sperare che il nuovo corso inaugurato dal ministro Lorenzo Fontana con il pacchetto di interventi in favore della natalità, porti benefici concreti negli anni a venire, sicuramente poi la crisi demografica sarà fra gli argomenti centrali del prossimo WCF di Verona dove saranno anche presentate le buone pratiche dell’Ungheria, l’unico Paese europeo che è riuscito davvero a invertire la tendenza negativa investendo su matrimonio e natalità. La fotografia scattata dall’Istat è impietosa, e soltanto il paraocchi dell’ideologia può far ritenere prioritari altri interventi diversi dal sostegno alle famiglie e dagli incentivi alle nascite.
Americo Mascarucci