Questo terribile momento di emergenza sanitaria si sta caratterizzando amaramente, non solo per il record dei contagi, ma anche per l’impennata di altri drammatici dati.
L’ allarme giunge proprio dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, in riferimento ancora una volta al Covid, sì, ma alle ripercussioni soprattutto psichiche che questa pandemia con il suo lungo e forzato lockdown, sta generando.
L’Oms ci informa, infatti, che i suicidi si collocano al secondo posto tra le cause di morte nella fascia d’età 15-29 anni. E parliamo di un fenomeno anche “nostrano”: essi sono la seconda causa di morte anche per i giovani italiani dai 15 ai 24 anni che non esitano a togliersi la vita per solitudine e disperazione. Forse ancora più drammatica è la constatazione che, sui 4.000 suicidi l’anno, registrati nel nostro paese, secondo ISTAT, oltre il 5% riguarda ragazzi sotto i 24 anni.
Non finisce qui, perché nel nostro Paese sono in aumento anche i casi di autolesionismo tra bimbi e adolescenti, insieme al crescente numero dei ricoveri, nel reparto di Neuropsichiatria dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.
A sottolineare la gravità del momento presente, tramite La Repubblica, è Stefano Vicari, primario dell’unità operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, proprio dell’ospedale pediatrico romano. Vicari denuncia come “è anche a causa del Covid-19 e di questo periodo (con o senza lockdown) se sono aumentati atti autolesionistici e suicidari che hanno segnato una crescita di disturbi mentali sia nei ragazzi che nei bambini: irritabilità, ansia, sonno disturbato”.
Aggiungendo anche che: “Tutto questo è assolutamente associato al periodo di chiusura, gli adolescenti vivono con grande preoccupazione in questo periodo e quindi c’è una ripercussione sui loro vissuti particolarmente importante. Mi comincio a chiedere quando tutta questa emergenza sarà finita quello che dovremo gestire. Sarà un’onda lunga”.
Il problema del “postlockdown”, come sottolinea Vicari, si presenta non meno drammatico del momento di emergenza attuale: “C’è un’altra fetta nel mondo di giovani che si chiudono sempre di più dentro casa, dentro la stanza, che trascorrono ore ai videogiochi senza nessun interesse sociale. Che vivono l’inutilità della relazione e confinano sempre più questo mondo ai tablet o agli strumenti tecnologici. Finita l’emergenza sarà molto difficile farli uscire di casa. È lì che trovano rassicurazione. È lì che gli si rinforza il sintomo di una fobia sociale che spesso si accompagna a forme più o meno acute di depressione”.
Insomma sembrerebbe che, tra gli adolescenti non si muoia facilmente di Covid, è vero, ma indirettamente sì: per tutto per ciò che questa emergenza sanitaria porta con sé, ovvero il quasi annullamento delle relazioni sociali e la conseguente condizione di solitudine che porta a rinchiudersi in un mondo tutto virtuale che rende, perciò, il contatto con la realtà, già di per sé difficile, in questo periodo, ancora più problematico. Da non sottovalutare la rinuncia allo sport, che per i giovanissimi, rappresenta una preziosa occasione di socializzazione e un momento importante di benessere psico-fisico.
Dunque, elementi e dati che andrebbero presi davvero sul serio una volta per tutte, perché questa strage silenziosa, forse fa meno notizia, di altri dati relativi a questa pandemia, ma è inammissibile, almeno quanto il numero di decessi legati direttamente al virus.