17/07/2014

Alliance Defending Freedom – Giuristi per la Vita americani

Massimo Introvigne ha ottenuto un’intervista esclusiva con Alan Sears, il presidente di Alliance Defending Freedom. Come i nostri Giuristi per la Vita, un’organizzazione di legali specializzati in difesa dei valori non negoziabili è divenuta ormai essenziale, a livello planetario.  Soprattutto per difendere la libertà di coscienza (e l’obiezione di coscienza), che sono oggetto di attacchi continui, radicali e globali, in quei paesi dell’Occidente – compreso il nostro – che vengono considerati emblema di democrazia e di libertà.

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Alan Sears è riconosciuto come uno dei più importanti leader – se non, semplicemente, il più importante – nella lotta per la libertà religiosa, la vita e la famiglia in cui i cristiani degli Stati Uniti sono impegnati da diversi decenni, a fronte di leggi che aggrediscono in modo sempre più virulento i principi che Benedetto XVI chiamava non negoziabili. Avvocato, procuratore federale, collaboratore del presidente Ronald Reagan (1911-2004), da vent’anni Sears presiede l’Alliance Defending Freedom (Adf), una coalizione di migliaia di giuristi, con la partecipazione anche di giornalisti e accademici, che intervengono quando la libertà dei cristiani o i diritti della vita e della famiglia sono attaccati. L’Adf ha avuto un ruolo cruciale in migliaia di cause nei tribunali americani, e non solo, compresi casi pilota della Corte Suprema, fra cui il recente caso Hobby Lobby di cui anche La nuova Bussola quotidiana si è occupata. Lo incontro a Naples, in Florida, in occasione dell’«Accademia» che forma ogni anno diverse centinaia di avvocati e studenti di legge interessati alle cause difese dall’Adf. Sears non concede molte interviste, ritenendo che il lavoro dell’Adf debba essere condotto, per assicurare i risultati, in modo discreto e senza troppa pubblicità per la sua sigla. Ma si tratta di un personaggio chiave per capire non soltanto che cosa succede, e non solo negli Stati Uniti, nell’aggressione mondiale alla libertà religiosa, alla vita e alla famiglia, ma anche che cosa si può fare in concreto per resistere. In questa intervista esclusiva ci spiega che la battaglia non è affatto perduta.

Che cos’è l’Adf?

Come dice il nome, è un’alleanza. Un’alleanza di credenti, in maggioranza giuristi, che vogliono praticare la loro fede liberamente e garantire lo stesso diritto a tutti. In concreto, operiamo in quattro settori: strategia, formazione, raccolta di fondi e intervento legale. Strategia per noi significa avere un piano globale, difensivo e offensivo. Quando la casa brucia, per prima cosa si cerca di spegnere l’incendio, fare intervenire i pompieri. Ma in seguito si tratterà di prevenire gli incendi, e questo può avvenire solo mettendo insieme un numero sufficiente di persone e organizzazioni. Abbiamo collaborato con oltre tremila organizzazioni diverse, cercando di coordinarle e di evitare che una senza volerlo ne danneggiasse un’altra.

Seconda area, la formazione. Abbiamo formato o fornito informazioni a circa cinquemila avvocati di oltre venti Paesi. Con il nostro programma Blackstone offriamo ogni anno nove settimane di formazione a studenti di legge di dieci Paesi. Hanno seguito questo programma oltre 1.400 studenti. Non mettiamo gli Stati Uniti al centro, facciamo conoscere i diversi sistemi legali, e insistiamo molto sulla nozione del diritto naturale.

Terzo: raccolta di fondi. Abbiamo ricevuto aiuti in vent’anni da un milione di persone, e oggi abbiamo circa 110.000 benefattori che incontriamo tramite eventi e conferenze pubbliche, il sito Internet e soprattutto i contatti personali. I nostri avvocati lavorano gratis, senza onorari, ma le cause comportano anche spese vive. Abbiamo investito quarantadue milioni di dollari nell’attività legale. Questa è la nostra quarta attività, quella per cui forse siamo più noti. Interveniamo, talora come parte, con il nostro nome, ma molto spesso lasciando che altri firmino le memorie, senza che il nostro nome appaia, in centinaia di casi di fronte a tribunali di ogni grado, e ormai di tutto il mondo. E il nostro intervento è sempre assolutamente gratuito. Gli avvocati lavorano gratis, e anche le spese vive sono pagate dai nostri benefattori, non dai clienti.

Com’è nata l’idea dell’Adf?

Nel 1993 trentacinque leader di fama nazionale del mondo protestante conservatore americano si sono riuniti per discutere un problema che li preoccupava da tempo. Da molti anni nelle cause relative alla libertà dei cristiani, alla vita e alla famiglia intervenivano apertamente o dietro le quinte organizzazioni anticristiane e ostili alla famiglia e alla vita come Planned Parenthood e la American Civil Liberties Union (Aclu). Organizzazioni gigantesche, con milioni e milioni di dollari da spendere. Che cosa c’era dall’altra parte, dalla parte dei cristiani, della vita e della famiglia? La risposta era facile: niente. I leader commissionarono uno studio che rivelò che la giurisprudenza in queste materie era cambiata perché amministrazioni statali o comunali o organizzazioni religiose spesso mal rappresentate e con budget limitati erano state citate in giudizio da colossi come l’Aclu che si potevano permettere avvocati costosissimi. Così era stata erosa la libertà religiosa, era stato introdotto per via giudiziaria l’aborto, e così via. Per usare una metafora sportiva, una squadra vinceva perché l’altra semplicemente non si presentava a giocare la partita. Era dunque assolutamente necessario opporre alle varie Aclu una grande organizzazione dove ottimi avvocati si mettessero a disposizione gratis di queste cause, e dove giovani avvocati fossero formati a combattere in questi settori. I trentacinque leader erano protestanti ma volevano da subito collaborare con ebrei, cristiani ortodossi e soprattutto cattolici. Non a caso chiamarono me, che sono un cattolico, a dirigere l’Adf. E fin dall’inizio alcuni dei leader pensavano a un’organizzazione internazionale. Abbiamo uffici a Città del Messico, Delhi, Vienna e ne stiamo aprendo altri due in Europa. Il programma di formazione degli studenti di legge che oggi offriamo negli Stati Uniti sarà offerto dal 2015 anche in Messico e dal 2016 anche a Vienna.

L’Adf è particolarmente nota per i suoi interventi alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Di recente, ha avuto un ruolo cruciale nel caso Conestoga – Hobby Lobby, di cui si è occupato anche il nostro quotidiano. Perché il caso è così importante?

A un pubblico europeo direi: è in corso una tremenda lotta morale per la coscienza e la libertà di coscienza. Molti oggi pensano che la coscienza sia un mero sentimento, ma è la chiave della nostra vita morale. Senza coscienza non abbiamo più una nozione del bene e del male. Ci sono leggi in tutto il mondo che violano la libertà di coscienza. Negli Stati Uniti la riforma sanitaria di Obama vuole costringere le aziende a finanziare direttamente l’acquisto di anticoncezionali di tipo abortivo per le loro dipendenti. Sono esentate solo le aziende con meno di cinquanta dipendenti, un migliaio di aziende che hanno ottenuto esenzioni dalla riforma sanitaria in genere perché affermano di trovarsi un difficoltà economiche (vedi caso, alcune sono aziende che donano somme significative al Partito Democratico), e le “chiese”. Ma “chiesa” è definito in modo molto restrittivo, per esempio si è deciso che i giornali e le case editrici religiose non sono “chiese”. Si è negata l’esenzione alla grande casa editrice protestante Tyndale, che esiste solo per diffondere la dottrina cristiana e reinveste qualunque profitto nel sostegno alle missioni. Insisto sull’espressione «finanziare direttamente» perché certamente tutti gli americani finanziano l’aborto e altre pessime cose con le loro tasse, ma in quei casi si tratta di finanziamento indiretto. Questo è un finanziamento diretto, una partecipazione diretta alla soppressione di una vita umana innocente. Nessuno può essere costretto a fare questo, è in gioco la coscienza. Nelle aziende familiari, obbligare l’azienda a partecipare alla soppressione di una vita umana significa obbligare le persone che la gestiscono. I nostri primi clienti in questo caso, i proprietari della Canastoga, sono mennoniti, cioè fanno parte di una comunità che ha una lunga storia di lotta per la libertà religiosa. Siamo intervenuti e abbiamo vinto. La decisione è importante perché ha aperto la strada ad altri diciannove casi, in cui altre aziende (alcune no profit, alcune commerciali) hanno chiesto la stessa esenzione dal pagamento di prodotti abortivi alle loro dipendenti. Abbiamo vinto tutti i casi, diciannove a zero. Compreso il caso della casa editrice Tyndale. Tutto questo è importante anche in Europa. Anche lì gli Stati violano la libertà di coscienza e pretendono di limitare l’obiezione di coscienza definendo che cosa è una “chiesa” e che cosa non lo è.

Un altro caso della Corte Suprema, deciso due mesi fa, di cui vi siete occupati è il caso City of Greece. Di che si tratta?

Va premesso che negli Stati Uniti la Corte Suprema non è obbligata a esaminare tutti i casi che le sono sottoposti. Riceve da cinquemila a diecimila richieste ogni anno e ne accetta solo un centinaio. Nell’ultimo anno ha accettato 75 casi. In cinque di questi siamo intervenuti. Grazie a Dio, li abbiamo vinti tutti e cinque. Per arrivare a City of Greece abbiamo compiuto un lunghissimo cammino durato molti anni. Negli Stati Uniti, fin dai tempi dei Padri fondatori, c’è la tradizione di iniziare le sessioni del Parlamento e le lezioni nelle scuole con una preghiera. Questo vale anche per i consigli comunali e i Parlamenti statali. Le organizzazioni antireligiose e atee hanno cominciato ad attaccare non il Parlamento ma piccole scuole e Comuni, sostenendo che queste preghiere violano i diritti delle minoranze non religiose. In City of Greece la Corte Suprema ha stabilito che, quando la grande maggioranza dei cittadini è favorevole alla preghiera in un consiglio comunale, i giudici non possono vietarla per compiacere una piccola minoranza di atei militanti. Ora stiamo scrivendo a tutte le scuole e a tutti i Comuni degli Stati Uniti spiegando che dopo questa sentenza hanno diritto di aprire i loro lavori con una preghiera. Anche questo ha paralleli e implicazioni in Europa: pensiamo ai casi relativi al Crocefisso.

Parlando di Europa, la grande questione oggi è quella delle unioni omosessuali. La stampa ci racconta che la Corte Suprema americana, più «avanzata» di alcuni tribunali europei, ha introdotto il «matrimonio» omosessuale negli Stati Uniti per via giudiziaria nel 2013. È proprio così?

Vorrei anzitutto notare la globalizzazione del diritto. Le sentenze della Corte Suprema americana da qualche anno citano come precedenti quelle della Corte Europea dei Diritti Umani. E viceversa. Per questo dobbiamo lavorare insieme e l’Adf ha aperto uffici in Europa – uffici europei con avvocati europei, non vogliamo fare i turisti americani in visita in Europa. Detto questo, la Corte Suprema nel 2013 non ha imposto agli Stati di introdurre il “matrimonio” omosessuale. Potrebbe farlo nel caso dello Utah, di cui ora si dovrà occupare: un caso noto perché cinque organizzazioni religiose, compresa la Chiesa cattolica, sono intervenute a sostenere lo Stato dello Utah che si oppone a sentenze di giudici federali che vorrebbero imporgli il “matrimonio” omosessuale anche se la maggioranza dei suoi cittadini lo rifiuta. Seguiranno casi analoghi dell’Oklahoma e della Virginia. In questi casi la Corte Suprema potrebbe stabilire che è obbligatorio per gli Stati sposare persone dello stesso sesso. Oppure potrebbe anche non farlo. Come si dice nello sport in America, la partita non è finita fino al fischio finale. E in verità neanche dopo. Nel XIX secolo la Corte Suprema ha emesso diverse decisioni a favore della schiavitù. Poi ha cambiato idea. La terribile sentenza sull’aborto ha portato all’uccisione di cinquantasei milioni di bambini americani, con conseguenze devastanti anche sull’economia, sulle pensioni. Ci sarebbe stata la crisi economica con cinquantasei milioni di consumatori e di contribuenti ai fondi pensione in più? Non ci arrendiamo sull’aborto, dove ci sono piccoli segnali incoraggianti anche nelle sentenze, e non ci arrenderemo sulla famiglia, così come qualcuno a suo tempo non si arrese sulla schiavitù.

In Europa pensavamo che gli Stati Uniti fossero il Paese della libertà di espressione e di coscienza. Sembra che con le leggi sull’omofobia non sia più così. Il nostro quotidiano ha dato spazio a un caso di cui l’Adf si è molto occupata, il caso Elane Photography, in cui la Corte Suprema del New Mexico ha imposto a una fotografa di mettere la sua arte al servizio di una coppia di lesbiche, che come cristiana si era rifiutata di fotografare. Questa settimana abbiamo anche riferito di una sentenza della Corte Suprema della Louisiana, che attacca direttamente il segreto della confessione cattolica imponendo a un sacerdote di avvisare la polizia quando viene a conoscenza di un reato in confessione. Che sta succedendo?

Il problema è sempre quello della coscienza. C’è un’aggressione mondiale alla libertà di coscienza. Negli Stati Uniti e ora anche in Europa ci sono casi contro fiorai e pasticceri che si sono rifiutati per ragioni di coscienza di preparare torte o composizioni floreali per matrimoni o eventi omosessuali. Torno al punto di partenza: se la coscienza è un semplice sentimento queste sentenze sono comprensibili. Ma se è il sacrario inviolabile della nostra libertà le cose stanno diversamente. Questo vale anche per la confessione in Louisiana, e come cattolici consideriamo la protezione del segreto della confessione qualche cosa di sacro. Se il caso arriverà alla Corte Suprema (si può sempre sperare in una transazione fondata sul buon senso, e noi alle transazioni siamo sempre favorevoli), l’Adf se ne occuperà e cercherà di vincere. È importante sottolineare che noi non iniziamo mai casi legali per ragioni propagandistiche o per farci pubblicità: in effetti, non ci facciamo nessuna pubblicità. Noi iniziamo le cause per vincerle, e grazie a Dio in un’ampia maggioranza di casi le vinciamo. Detto questo, nel lontano 2003 ho pubblicato un libro che ha avuto un certo successo, «L’agenda omosessuale. La maggiore minaccia alla libertà religiosa oggi». Che sia la maggiore minaccia ormai è chiaro in tutto il mondo. Con altri si può negoziare. Con gli attivisti omosessualisti no. Lo dicono chiaramente: non si accontentano di trovare soluzioni pragmatiche a qualche problema, ma vogliono ridefinire la cultura e la società, e vietare per legge che qualcuno si opponga.

Massimo Introvigne

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

 

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