In questi giorni in cui la vicenda di Charlie ci tiene con il fiato sospeso, abbiamo letto un articolo abbastanza inquietante a proposito della morte cerebrale, scritto dal dottor Paul A. Byrne.
Byrne è un neonatologo americano, fondatore della Unità Intensiva Neonatale del SSM Cardinal Glennon Children Medical Center di St. Louis, Missouri. È professore di pediatria presso il College of Medicine dell’Università di Toledo. Racconta cosa ha visto con i suoi occhi, in casi simili a quello di Charlie: bambini morti per l’eccessiva burocratizzazione di una medicina che – purtroppo – ha fatto sua la fretta nel togliere di mezzo pazienti inutili e costosi.
L’articolo, pubblicato su LifeSiteNews, si intitola: «Charlie Gard è vivo, ma lo trattano come se fosse già morto». Ne facciamo un riassunto in italiano per i nostri Lettori, perché la testimonianza del dottor Byrne ci induca a maggior vigilanza e efficienza nel contrastare la cultura della morte.
Charlie è vivo
Charlie ha bisogno di un ventilatore per respirare, che gli spinge l’aria con l’ossigeno nei polmoni. Ma poi i polmoni di Charlie, il suo cuore e la sua circolazione del sangue gli fanno assorbire l’ossigeno. Il sangue di Charlie, come quello di tutte le persone vive, porta l’ossigeno alle cellule, raccoglie l’ anidride carbonica e la riporta ai polmoni. Il ventilatore aiuta i polmoni ad espandersi, ma essi sono in grado di comprimersi ed espellere l’anidride carbonica risultante. Charlie, quindi, respira. Il ventilatore lo aiuta a respirare.
Un tubicino di gomma fornisce acqua e nutrimento a Charlie. Charlie metabolizza il cibo e l’acqua perché è vivo. Il ventilatore e il tubo di alimentazione non causano disagio e sofferenza a Charlie? No. Dopo l’inserimento, Charlie, come la maggior parte dei pazienti nel suo stesso stato, si è abituato al tubo endotracheale e al tubo di alimentazione.
Strumenti come un biberon, un cucchiaio o un tubo di alimentazione servono perché una persona può essere debole o incapace di mettere cibo nella bocca, ma è il corpo che digerisce e nutre gli organi, i tessuti e le cellule.
Tutti abbiamo bisogno di aria, cibo, acqua e un modo per eliminare i rifiuti. Charlie ha solo bisogno di aiuto per far entrare l’aria e il cibo nel suo corpo: ma il suo corpo vivente fa il resto.
Charlie, come tutti, da un ospedale si aspetta di essere curato, aiutato a vivere
La gente – come i genitori di Charlie – va in ospedale per essere curata. Il sistema sanitario inglese e i tribunali, invece, hanno deciso che “il migliore interesse” di Charlie è morire soffocato.
Questo è il risultato di uno stato sociale estremizzato, invasivo, nel Regno Unito. Ma accade anche negli Stati Uniti: lo Stato rimborsa gli ospedali solo se seguono le regole imposte dai burocrati.
Jahi, Israele e Mirranda
Ho partecipato personalmente alla cura di Jahi McMath: era in un ospedale per bambini a Oakland, in California nel 2013. Il 12 dicembre hanno firmato il suo certificato di morte: “morte cerebrale”. Ma la madre non si è arresa. Ha portato la bambina nel New Jersey dove è stata rianimata e curata. Oggi Jahi ha 16 anni e vive a casa con la sua famiglia nel New Jersey. Non può tornare in California perché lì risulta morta. Chissà quanto tempo ci vorrà alla burocrazia e alla legge della California per ammettere che Jahi è ancora viva.
Israele Stinson era un bambino di un anno quando ha avuto un grave un attacco di asma a Sacramento, in California. I medici hanno dichiarato la “morte cerebrale”. È stato trasferito in Guatemala dove sono stati eseguiti tracheostomia e gastrostomia e una cura adeguata. Inizialmente non gli era possibile tornare negli Stati Uniti. Alla fine, l’Ospedale dei Bambini di Los Angeles lo ha accettato. Era vivo, quando è arrivato: dopo poco gli hanno sospeso le cure, il cibo e l’acqua – legalmente.
Mirranda Lawson a due anni si è soffocata con un popcorn. I medici, in Virginia, ne hanno dichiarato la “morte cerebrale”, e hanno deciso di fare la prova di apnea. È una procedura che toglie il ventilatore per 10 minuti o più. Anche se l’ossigeno viene somministrato ugualmente. Alle famiglie di solito non si spiega che un test di apnea può causare la morte del paziente. I tribunali e i medici, anche in quel caso, hanno deciso per il test. Anche in quel caso è stato nominato un tutore, un estraneo: non la madre di Mirranda, né il padre né uno dei suoi 4 fratelli. I genitori allora hanno chiesto un test della tiroide: rifiutato. Hanno chiesto una tracheostomia e un tubo di alimentazione per poter portare Mirranda a casa: prima che la Corte Suprema della Virginia decidesse la questione, Mirranda è morta: erano passati 6 mesi dal giorno del soffocamento.
I medici del GOSH sostengono che il cervello di Charlie non funziona: se anche fosse vero, Charlie è comunque vivo.
Ora c’è il caso di Charlie Gard in Inghilterra. Charlie ha bisogno di una tracheostomia e di una gastrostomia in modo che possa essere portato a casa, se non gli consentono la cura sperimentale o se la cura, malauguratamente non funzionasse.
Se i medici avessero trattato Charlie come un bambino vivo, la burocrazia e la legge non sarebbe stata coinvolta.
Ma la legge, la burocrazia e lo Stato sono stati coinvolti per poter “legalmente” trattare da morti dei bambini vivi, con la mendacia e l’inganno della “morte cerebrale”. Questa menzogna è entrata a far parte del sistema di morte che esclude qualsiasi cura, trattamento e farmaco per ciò che viene interpretato come “sofferenza”, come vita non degna di essere vissuta.
Redazione
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