E meno male che, secondo qualcuno, era tutta una montatura, una bolla, un’invenzione mediatica. Stiamo parlando dello scandalo di Bibbiano che, se sotto il profilo giudiziario è cosa per nulla conclusa, è comunque stato attraversato da una novità interessante nelle scorse ore, e cioè la conferma che i bambini coinvolti dall’inchiesta sono ritornati alle loro famiglie: non alcuni o due o tre, che pure sarebbe importante. No: tutti quanti.
La notizia è stata ufficializzata nel corso della quinta udienza preliminare dell’inchiesta Angeli e Demoni svoltasi giovedì davanti al Gup di Reggio Emilia. La revisione di tutti i dossier e tutte le situazioni - una per una - ha infatti confermato quanto si temeva e che era stato denunciato da tempo, e cioè che i servizi sociali e i consulenti dei comuni della Val d’Enza hanno agito fuori dalla legge.
Diversamente, questi bambini non sarebbero per ovvie ragioni mai potuti e dovuti tornare alle loro famiglie. Su questo passaggio, il primo a spendere parole molto significative e dure è stato il pubblico ministero dell’inchiesta Angeli e demoni, Valentina Salvi. «Il ritorno a casa di tutti i minori di Bibbiano», ha detto il magistrato «è il risultato dello stravolgimento delle valutazioni dei loro genitori, effettuate negli anni dai servizi sociali della Val d’Enza». Si tratta di un passaggio di estremo rilievo.
Sì, perché se da un lato tutte le responsabilità rispetto a detti illeciti allontanamenti dovranno essere chiarite dalla giustizia, già il fatto che tali allontanamenti ci siano stati è gravissimo. E deve ispirare una riflessione per tutti, che vada al di là non solo dello scandalo di Bibbiano ma anche dello stesso sistema degli affidi: una riflessione sull’importanza di sostenere anziché dividere le famiglie e di fare sempre tutto il possibile affinché a ciascun bambino sia consentito di stare e crescere con il suo papà e la sua mamma.
Apparentemente banali, tali considerazioni non lo sono affatto. Quella oggi imperante è infatti una cultura – di cui lo scandalo di Bibbiano rappresenta solo la punta dell’iceberg o, se si preferisce, l’estrema conseguenza – che da tempo demonizza la famiglia, nella convinzione che chissà quali abusi e violenze vi avvengono all’interno. Certo, nessun contesto familiare è perfetto e in alcuni di essi, purtroppo, si consumano vere e proprie tragedie. Nessuno lo nega. Il punto però qui è un altro: come istituzioni, come società, come cittadini, siamo al lavoro per sostenere le famiglie in crisi o per dividerle?
Più in generale: l’unità della famiglia è ancora un valore oppure no? Il ritorno a casa di tutti i bambini conseguente – per riprendere le parole del pubblico ministero Salvi – al sistematico «stravolgimento delle valutazioni dei loro genitori, effettuate negli anni dai servizi sociali della Val d’Enza», dimostra che no, per tanti l’unità della famiglia non è più un valore prioritario, bensì uno tra tanti, che può rientrare benissimo, per così dire, nelle varie ed eventuali. Ebbene, tutto questo è un problema culturale, e pure grande.
Per cui bene che la giustizia proceda con i chiarimenti di tutte le dinamiche e responsabilità dello scandalo di Bibbiano, e benissimo che i minori coinvolti siano tutti quanti tornati alle loro famiglie. Ma se non ci mettiamo all’opera – ciascuno facendo la propria parte – per riaffermare il valore della famiglia e della sua unità da tutte le insidie volte a dividerla, a partire dall’osannato divorzio, ancora oggi salutato come traguardo di civiltà, ecco: se non facciamo tutto questo non avremo più diritto, domani, di stupirci dinanzi ad un nuovo eventuale scandalo su allontanamenti ed affidi illeciti. Perché sarà una tragedia annunciata.