La credibilità della World Professional Association for Transgender Health (Wpath) – ovvero la più conosciuta organizzazione professionale dedicata alla comprensione e al trattamento dell'identità di genere e della disforia di genere - subisce un nuovo, pesantissimo scossone. Infatti, dopo che a marzo era esploso lo scandalo dei cosiddetti Wpath files - file interni di quella che è ritenuta la principale autorità scientifica sulla medicina di genere, sulla transessualità e il cosiddetto “cambio di sesso”, che provano come i medici del settore operino noncuranti dei danni cagiona la transizione di genere -, in questi giorni è uscita una nuova notizia che non può non far riflettere.
Secondo quanto riferisce Unherd.com, infatti, la Wpath si sarebbe opposta in modo del tutto dogmatico alla pubblicazione di dati scomodi per la linea pro Lgbt dell’associazione. Più precisamente, è successo questo: quattro anni fa la Wpath aveva incaricato dei ricercatori della Johns Hopkins University nel Maryland di eseguire «revisioni sistematiche sulle prove a sostegno delle cure che affermano il genere». L’associazione cercava cioè degli elementi per suffragare quella che, non da oggi, è la propria linea ideologica. Peccato che sia poi accaduto qualcosa di totalmente imprevisto.
Infatti, gli stessi ricercatori della Johns Hopkins University in poche parole, di ciò che dovevano trovare negli auspici di chi li aveva ingaggiate, hanno trovato «poche o nessuna prova». Che poi è l’esito a cui, quattro anni dopo, sarebbe arrivato il rapporto Cass, che ha messo in luce – come evidenziato pure dal British Medical Journal – che sulla transizione di genere manchino veri studi. Tanto per dare una dimensione di questo vuoto, degli oltre 100 studi che hanno finora esaminato il ruolo dei bloccanti della pubertà e del trattamento ormonale per la transizione di genere, appena un paio possono ritenersi di qualità solo accettabile, gli altri neanche.
Non c’è nulla di strano, dunque, nel fatto che già quattro anni fa gli studiosi della Johns Hopkins University abbiano dovuto dire alla World Professional Association for Transgender Health che le «prove a sostegno delle cure che affermano il genere», semplicemente, non ci sono. Quello che invece non è solo strano, ma decisamente scandaloso – come dimostrano delle email interne di questi studiosi – è che essi siano stati sostanzialmente bloccati dalla Wpath, che dopo averli contattati ha impedito loro di diffondere gli esiti del loro lavoro, continuando a mantenere inalterati le proprie linee guida a sostegno della transizione di genere dei minori.
Il motivo di questo stop? «Poiché non abbiamo trovato le prove richieste “sui bambini e sugli adolescenti”», spiega uno studioso ad un collega, via email, Dnh, acronimo di Do No Harm, l’associazione di medici in prima linea contro la politicizzazione della loro categoria e della medicina e che ha scovato queste email interne, ha provato a chiedere conto di questo ennesimo scandalo sia alla Johns Hopkins University, sia naturalmente alla Wpath - che in queste settimane ha trovato il tempo pure per criticare il poderoso rapporto Cass, che sarebbe viziato da una «mancanza di esperienza e conoscenza». Risposte? Nessuna. «Questo» - ha commentato Stanley Goldfarb, presidente dei Dnh - «è un rifiuto della buona scienza e della buona medicina. Le ragioni in favore delle cosiddette cure di affermazione di genere si indeboliscono di giorno in giorno».
Negli stessi giorni in cui in Italia ha preso avvio una commissione di esperti per revisionare le linee guida sul trattamento della disforia di genere sui minori - con particolare riferimento alla somministrazione della triptorelina per bloccare il loro sviluppo puberale -, non resta dunque che sperare che il nuovo colpo inflitto alla credibilità della Wpath possa spingere i 29 componenti di questa task force (al cui interno ci sono vari studiosi che meritano la massima stima) a lavorare serenamente per il vero bene dei giovani. Troppo a lungo, infatti, la medicina è stata ostaggio dell’ideologia. È ora e tempo di voltare pagina.