Nei giorni precedenti alla 26esima manifestazione del Budapest Pride, svoltasi sabato 25 luglio, sono state 30 le ambasciate e 12 gli istituti culturali che hanno espresso il loro sostegno alla comunità LGBTQI+ e ai "loro diritti all'uguaglianza e alla non discriminazione, alla libertà di espressione e di riunione pacifica, e alla libertà dalla violenza".
La lettera aperta pubblicata a fine luglio ha rappresentato un importante sostegno alle organizzazioni della società civile LGBTQI+ "che stanno lavorando per garantire i propri diritti”. Si legge nella lettera che “il rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani universali sono le basi su cui sono costruiti gli stati democratici. La legge internazionale sui diritti umani è fondata sull'ampia premessa che tutti gli individui, indipendentemente dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere, sono uguali e hanno gli stessi diritti e libertà senza discriminazione”.
Ma qui entrano in gioco i primi scivoloni: non esiste alcun trattato o convenzione internazionale che descriva eguaglianza dei diritti umani fondata su “orientamento sessuale o identità di genere”. I firmatari della lettera si dicono inoltre "preoccupati dai recenti sviluppi che minacciano il principio di non discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere", riferendosi alla Legge Antipedofilia recentemente approvata dal Parlamento ungherese e che vieta l’indottrinamento LGBTI per i bambini e ragazzi minorenni nelle scuole. Dunque c’è preoccupazione negli ambasciatori per norme che proteggono i bambini?
La dichiarazione congiunta è stata firmata da numerose ambasciate e istituti culturali tra i quali anche l’Italia e l’Istituto Culturale Italiano. Ci chiediamo, però, chi avrebbe autorizzato l’ambasciatore italiano ed il direttore dell’Istituto Culturale Italiano a firmare una lettera che ripropone una così falsa narrativa di quanto successo per mano del parlamento ungherese e del governo Orban? Come mai l’Italia si ostina a criticare e strumentalizzare la Legge Antipedofilia ungherese e, in particolare, le norme che vietano l’indottrinamento nelle scuole ed ai ragazzi sino alla maggiore età?
In Italia non esistono obblighi di tale indottrinamento, dunque viene da pensare che la firma debba esser letta come un auspicio di vedere introdotte in Italia norme che consentano l’indottrinamento LGBTI ai bimbi delle elementari, delle medie e delle scuole superiori sino alla maggiore età. Un chiarimento è necessario. Ora più che mai.