Anche il Comune di Udine esce dalla Rete Ready (o, meglio, Re.A.Dy), la “rete nazionale delle pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere” che ultimamente sta continuando a perdere pezzi.
Presente sul territorio italiano dal 2006, la rete Ready – scriveva Tommaso Scandroglio ormai più di cinque anni fa – è una sorta di «pubblica amministrazione ombra, cioè sconosciuta ai più (e quindi non pubblica), una sorta di servizio segreto gender dedito alla cripto rivoluzione omosessualista. Una rete che agisce in modo carsico» per fare propaganda omosessualista, con i soldi dei contribuenti. Perché, come sottolineato da Filippi Fiani pochi giorni fa durante la conferenza stampa alla Camera di presentazione di 12 esposti sui patrocini ai Gay Pride, è spesso proprio attraverso la rete Ready che associazioni altrimenti impossibilitate a ricevere finanziamenti pubblici riescono invece a ottenerli.
Senza poi contare i costi connessi all’obbligo – per le amministrazioni che fanno parte della rete – di dover rendere conto del proprio operato alle associazioni Lgbt.
Del fatto di Udine ne dà notizia il Gazzettino.it. Prima di Udine, l’ultimo pezzo importante perso grazie al neo governatore Massimiliano Fedriga – a maggio – era stata proprio la Regione Friuli Venezia Giulia; prima ancora Pistoia, Trieste, Piacenza, Sesto San Giovanni...
Andrebbe sottolineato che se i Comuni addivengono a tali decisioni, vuol dire che coloro che sono stati eletti a maggioranza dal popolo hanno operato una scelta in tal senso. Quindi, in base alle regole dell’alternanza democratica, non ci dovrebbe essere niente da protestare.
Stiamo a vedere se altre amministrazioni, anche alla luce dei nuovi assetti politici conseguenti alle elezioni nazionali di marzo e quindi a quelle locali di giugno, faranno una scelta in tale direzione.
Redazione