Quando successo in Olanda «lascia estremamente perplessi» perché «la morte è sempre un nemico per i medici». In questi casi rifarsi «al principio dell’autodeterminazione del cittadino» è eccessivo. È la posizione di Stefano Anelli, presidente della Fnomceo, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, sul caso di Noa Pothoven, la diciassettenne che si è lasciata morire in Olanda a seguito di disturbi post traumatici per gli stupri subiti da bambina. Intervistato da Pro Vita & Famiglia, Anelli ha inoltre ribadito la posizione della Federazione sull’importanza dell’obiezione di coscienza per i medici.
Per la Fnomceo la morte è sempre un nemico per il medico. Quale la posizione nel caso della giovane diciassettenne che si è lasciata morire in Olanda?
«Ancora non si conoscono bene tutti i dettagli di questa vicenda, però le persone che hanno una depressione, quindi una malattia, per noi dovrebbero essere curate e gli strumenti per curare queste malattie ci sono tutti. Richiamare ora, su questo caso particolare, il principio dell’autodeterminazione del cittadino mi sembra eccessivo. Per quanto riguarda i medici, ci si aspetta da loro delle cure, un aiuto per la vita e non per la morte, per questo su quello che è successo in Olanda abbiamo forti perplessità».
Questo caso fa tornare in primo piano anche il dibattito sull’obiezione di coscienza: voi che posizione avete preso in merito?
«La nostra posizione sull’obiezione di coscienza rimane ferma, perché abbiamo sempre detto che il primato di coscienza va sempre rispettato e i medici, come qualsiasi altra categoria e come qualsiasi cittadino, hanno dei diritti che sono incomprimibili, che sono garantiti costituzionalmente. Tra questi ci sono anche i diritti che consentono a ogni cittadino di tener fede ai propri principi fondamentali, che sono radicati nella propria coscienza e i medici non fanno eccezione. L’obiezione di coscienza per noi rappresenta quindi uno strumento fondamentale ed è inserito esplicitamente all’interno del nostro codice deontologico, proprio perché a nessun medico può essere chiesto di mettere in pratica una prestazione che sia in contrasto con i principi della propria coscienza».
Ultimamente ci sono stati diversi casi di pazienti che, nonostante lo stato vegetativo o comunque condizioni valutate disperate, si sono risvegliati dal coma e sono tornati a una vita normale. Questo deve essere valutato da chi è chiamato a legiferare?
«Si tratta sicuramente di casi al limite, eccezionali, però fanno riflettere sul ruolo e sulle capacità della scienza. Da sempre la nostra professione ha utilizzato il principio della prudenza e la strada del non fare del male al paziente. In questi casi anche il legislatore deve tener conto di eventi e di possibili casi-limite e quindi mettere in pratica delle politiche che vadano in questa direzione, quindi tener conto della possibilità di casi del genere e documentati dalla scienza che possono portare a situazioni di guarigione».
Salvatore Tropea