12/07/2018

Argentina: per 5 medici meglio il carcere dell’aborto

In Argentina il dibattito sull’aborto continua ad animare l’opinione pubblica.

Non solo si è in attesa del verdetto del Senato per l’approvazione definitiva della nuova legge che consentirebbe l’aborto fino alla 14esima settimana, dopo che la Camera ha alzato paletta verde per soli quattro voti di scarto, ma continuano le manifestazioni pubbliche e le dichiarazioni di importanti personaggi del Paese.

La settimana scorsa avevamo parlato della giornalista Amalia Granata, licenziata per aver pubblicato un tweet contro l’aborto, siglato con l’hashtag #SalvemosLasDosVidas, a denotare l’attenzione sia nei confronti del nascituro, sia della madre.

Oggi vogliamo invece dare evidenza della coerenza – e del coraggio! – di cinque direttori di ospedali situati a Jujuy, nel nord-ovest dell’Argentina, che hanno dichiarato – secondo quanto riporta Corrispondenza Romana – di preferire andare in carcere piuttosto che uccidere dei bambini nel grembo materno. Ricordiamo inoltre che il mancato adeguamento alla normativa, se approvata, potrebbe anche portare alla chiusura definitiva delle cliniche pro life.

I cinque medici hanno quindi aggiunto: «Non l’abbiamo mai fatto e non lo faremo mai. Noi dobbiamo occuparci della vita. Non siamo d’accordo con questa legge [quella sull’interruzione di gravidanza, ndR], ancor meno quando vieti l’obiezione di coscienza».

Probabilmente i politici che rappresentano l’Argentina si accoderanno a quasi tutti gli altri Paesi del mondo e legalizzeranno l’aborto: le pressioni internazionali, invisibili solo a chi non vuole guardare, sono importanti.

Tuttavia è sempre più chiaro che il popolo, ancora attaccato ai valori, è nella maggioranza contrario a veder legalizzato l’omicidio di Stato dei bambini non nati: l’Argentina è un Paese fieramente pro life, qualsiasi cosa decida la dittatura della cultura di morte.

Teresa Moro

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