La negazione della realtà è la cifra stessa dell’ideologia genderista. E non è una negazione qualunque, ma totale, universale e incondizionata, tale da non farsi alcun problema a negare la realtà fattuale. I danni fisici subiti da un’atleta, ad esempio, sono realtà fattuale. Ne sa qualcosa Payton McNabb, giocatrice di pallavolo che ancora oggi sta cercando di riprendersi dai danni subiti più di un anno fa dopo aver preso in piena faccia la schiacciata di un attaccante avversario. Sì, un attaccante, un uomo. Che però le giocava contro perché diceva di identificarsi come donna. Una pallonata in faccia può apparire una sciocchezza a qualcuno: nel caso si cerchi qualche video delle schiacciate nella pallavolo femminile e in quella maschile, cerchi i dati della velocità che viene data alla palla nei due settori e vedrà che non si tratta di uno scherzo.
Non a caso la povera McNabb, dopo il colpo ricevuto, è rimasta incosciente per più di trenta secondi mentre, hanno riportato alcuni testimoni, l’eroe-campione trans della squadra avversaria festeggiava e ridacchiava deridendola. Portata in ospedale, le venne trovata una commozione cerebrale e da quel momento ha problemi di vista, una paralisi parziale al collo e “vuoti di memoria”. Tale è stato il colpo, per altro ben visibile in un video della partita: lo schiacciatore, le cui proporzioni fisiche si distinguono bene nel gruppo di ragazze in campo, compie un buon gesto atletico per andare in schiacciata. Un attento osservatore può notare il radicale cambio di accelerazione della palla quando passa dalle mani della alzatrice alle sue. Si è trattato, in tutta evidenza, della classica “cannonata” maschile, di cui ora Payton McNabb paga le conseguenze.
E non è l’unica. Media e web sono pieni di atlete danneggiate e in alcuni casi rovinate da opponenti di sesso maschile ma di identità “femminile”, così come sono molte le associazioni che sollevano una questione etica, prima ancora che sportiva, nel permettere a uomini biologici di entrare in competizione agonistica con donne biologiche. La differente struttura ossea e muscolare è anch’essa realtà fattuale, quella che il transgenderismo vuole negare, anche di fronte all’evidenza dello strapotere degli atleti-finte-donne nelle competizioni femminili, che magari non procurano danni fisici alle rivali, ma sicuramente mandano in fumo anni di preparazione, allenamenti, speranze e progetti. Il commento migliore su questo genere di aberrazioni l’ha fatto il deputato repubblicano Greg Steube: «non ci si sbaglia: ai democratici non importa nulla della protezione delle donne, a loro importa di più mettere tranquilli gli estremisti del loro partito e affermare la cancellazione degli sport femminili».
Qualcuno potrebbe pensare che dichiarazioni del genere siano esagerate, frutto magari dell’incipiente campagna elettorale per le presidenziali USA. Ma ad asseverarne la fondatezza oggettiva arrivano proprio i democratici, in particolare la loro deputata Pramila Jaypal, che durante il dibattito su una legge attualmente in discussione di messa al bando degli uomini negli sport femminili, ha voluto dire la sua: «c’è una piccolissima proporzione di persone nel Paese che si identifica come trans e non uno tra di essi ha fatto qualcosa per danneggiare voi o le vostre famiglie. Smettetela, abbiamo cose più importanti da fare al Congresso». Come si è detto: negazione della realtà fattuale, alla quale la deputata è stata seccamente richiamata via X (ex Twitter) proprio da Payton McNabb: «sono appena tornata dal secondo appuntamento di questa settimana con il mio dottore, un anno e mezzo dopo. Devo proprio dirmi in disaccordo. La mia vita è cambiata per sempre a causa delle lesioni provocate da un ragazzo. Quindi sì… gli uomini danneggiano le donne nei nostri sport. Ma va tutto bene finché non vengono feriti i loro sentimenti, giusto?».
Poco conta ora, con i danni che ha ricevuto, che Payton sia diventata una testimonial per la correttezza nello sport. Si tratta di un contentino. Al centro della questione c’è il fatto che permettere a uomini biologici di partecipare a sport femminili, come viene promosso dalla sinistra in termini di “inclusività”, in realtà mina la struttura razionale che sta alle fondamenta della separazione per sesso degli sport e priva le atlete di riconoscimento e di opportunità professionali e accademiche. In aggiunta, in molti casi, mette a rischio la sicurezza delle sportive, come la vicenda di Payton dimostra, e il loro diritto alla privacy quando si trovano in uno spogliatoio dove magari sono obbligate a spogliarsi di fronte a soggetti come il noto nuotatore transgender William “Lia” Thomas. Il tutto in attesa e nella speranza che le prossime presidenziali possano avere un esito tale da dare un contributo al ripristino del valore della realtà fattuale.