Come tutti ormai sappiamo, questi sono giorni anzi settimane particolarmente critiche per il Venezuela, Paese teatro di una aspra contesa che lo vede, di fatto, comandato contemporaneamente da due presidenti in aperto contrasto fra di loro. Da una parte, abbiamo Nicolas Maduro, il presidente formalmente in carica che denuncia un tentativo di colpo di Stato nei suoi confronti, mentre, dall’altra, c’è il giovane Juan Guaidó, il presidente dell’Assemblea Nazionale, il parlamento, in pratica, il quale rivendica il diritto costituzionale di svolgere le funzioni di presidente ad interim, fino a convocazione delle prossime libere elezioni.
Ora, è evidente l’impossibilità di simpatizzare per il comunista Maduro, il quale anche nei giorni scorsi si è reso autore di un attacco violentissimo ai Vescovi del Paese, a suo dire responsabili del reato di «odio», questo perché hanno osato denunciare con le loro omelie la corruzione dilagante. Un’accusa alla quale la locale Conferenza episcopale ha reagito avvertendo che si tratta di un attacco a tutta la Chiesa. Emblematiche, in tal senso, le parole del vescovo di San Filippo, monsignor Victor Hugo Basabe, il quale ha rimproverato quanti continuano a non capire come «la causa fondamentale dei mali del Venezuela sia la persistenza di un modello economico, politico e sociale che nega Dio e quindi la dignità umana».
Parole, quelle di mons. Basabe, dalle quali è oggettivamente difficile dissociarsi. Il punto, in tutta questa vicenda, è però che neppure Juan Guaidó pare essere quel leader di specchiata virtù che – a fronte di nuove basilari libertà che potrebbe garantire, ora assenti nel Paese tiranneggiato da Maduro – potrebbe garantire vero benessere per il Venezuela. Per tutta una serie di ragioni. Tanto per cominciare perché con ogni evidenza si tratta di un personaggio riconducibile al non proprio rassicurante mondo delle logge. Attenzione, non si tratta di complottismo, dato che esiste una foto che ritrae il giovane leader col grembiulino da massone e lui stesso, interpellato sul punto, ha ribattuto: «Ognuno è composto da varie parti». Una risposta enigmatica, ma che ha il sapore di una criptica conferma.
In secondo luogo, c’è da dire che Guaidó, di fatto, appartiene a un partito progressista chiamato Voluntad Popular, che ha solamente l’8,3% dei seggi in seno all’Asamblea National e che si è contraddistinto, tra le altre cose, per aver fatto eleggere in seno al Parlamento venezuelano i primi attivisti Lgbt. Si tratta, insomma, della solita forza politica promotrice di una globalizzazione senza confini, nella quale hanno diritto di cittadinanza solo le società inclusive sotto ogni punto di vista, identità di genere inclusa. Tutto questo significa forse che sia auspicabile una lunga permanenza di Nicolas Maduro al potere? Ovvio che no.
Tuttavia, prima di osannare Juan Guaidó come panacea di tutti i mali per il Venezuela, occorrerebbe considerare bene la situazione di un Paese che, di fatto, è schiacciato tra l’incudine massonica e il martello comunista. Uno scenario quindi davvero complesso, rispetto al quale ciascuno è ovviamente libero di trarre le proprie personali conclusioni. Ci mancherebbe.
Un troppo entusiasta supporto per il giovane Guaidó potrebbe però rivelarsi incauto dal momento che, senza negare tutte le colpe di cui si è macchiato Maduro, si tratta di una figura tutto fuorché luminosa, e che, proprio per questo, meriterebbe di essere tenuta sotto controllo e non certo incensata a priori. Comunque la si pensi, insomma, il commento più ragionevole sulla crisi di questo Paese pare riassumibile in due, sconsolate parole: povero Venezuela.
Giuliano Guzzo