La fecondazione artificiale implica la manipolazione in vitro dei gameti e degli embrioni in un momento in cui sono particolarmente vulnerabili. Pertanto, non dovrebbe sorprendere che i bambini risultanti possano essere più facilmente soggetti ad alcune patologie. Del resto, i topi generati con Fiv hanno una durata di vita ridotta rispetto agli altri, e le persone più anziane nate da fecondazione artificiale (si calcola che in tutto siano circa 6 milioni nel mondo) sono solo quarantenni, come Louise Brown: oggi nessuno sa come invecchieranno quelli che una volta erano bambini “artificiali”.
I timori per la salute di costoro sono confermati da uno studio svizzero pubblicato di recente sul Journal of the American College of Cardiology: i concepiti attraverso le tecnologie di riproduzione artificiale sono più a rischio di complicanze cardiovascolari, soprattutto quello di sviluppare ipertensione arteriosa sin dalle prime fasi della loro vita.
BioEdge, che riporta la notizia, cita uno degli autori, Emrush Rexhaj, dell’ospedale universitario di Berna: egli ha valutato il sistema circolatorio di 54 adolescenti in buona salute (età media 16 anni) e ha rilevato che l’incidenza dell’ipertensione è sei volte superiore rispetto ai bambini concepiti naturalmente.
Larry A. Weinrauch, cardiologo del Mount Auburn Hospital, ha affermato che il dato è piuttosto preoccupante, visto che sono stati presi in considerazione solo soggetti non a rischio, cioè che non risultavano nati da gravidanze plurime, né da madri che avevano avuto problemi in gravidanza, come la pre-eclampsia e gli altri problemi che insorgono spesso tra le donne che ricorrono alla Fiv (la salute delle donne coinvolte sia come venditrici di ovuli, sia come riceventi l’embrione in utero, è fortemente a rischio. Ma anche in questo caso, di fronte all’ideologia scientista e soprattutto di fronte al business miliardario delle cliniche per la fertilità, nessuno ne parla: e le femministe dove sono?).
Gli specialisti in fecondazione artificiale hanno accolto l’avvertimento, al fine di porre in essere opportune strategie preventive, contestando tuttavia il campione molto piccolo di bambini esaminati: il principio di precauzione non vale, se c’è in ballo un consistente profitto.
Intanto, anche un esperto di fecondazione artificiale come Mario Mignini Renzini, Direttore Medico del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza, ha ammesso, in un articolo del 2 luglio scorso pubblicato su Adnkronos, che in questo campo la disinformazione è molto, troppo diffusa, sia tra i cittadini, sia tra gli stessi addetti ai lavori.
Inoltre, la cultura moderna che ci ha insegnato a controllare sempre bene gli ingredienti, la composizione dei prodotti commerciali, non vale per i “prodotti-bambini”. La rivista scientifica Human Reproduction spiegava tempo fa che le capsule di Petri nelle quali gli embrioni trascorrono i primi giorni della loro vita sono piene di un brodo di coltura composto da ingredienti sconosciuti, che però influenzano la loro salute, anche a lungo termine. Alcuni scienziati olandesi, e un gruppo di lavoro della Società europea di riproduzione umana ed embriologia dell’Università di Trondheim, in Norvegia, guidati da Arne Sunde, già due anni fa avevano trovato una chiara correlazione tra detti componenti e il basso peso alla nascita, l’obesità, la demenza, le malattie coronariche di cui sopra, il diabete e la morte prematura. I sospetti sono stati alimentati dall’analogia con l’osservazione della salute dei bambini concepiti o nati nei cinque mesi di grave carestia che c’è stata durante l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi, e con coloro che vengono concepiti e partoriti in altissima quota, in ambiente povero di ossigeno.
La fecondazione artificiale è un male morale. Degrada l’essere umano a prodotto da assemblare in fabbrica e poi vendere; è una pratica eugenetica che tende alla creazione del “bambino perfetto”, scartando quelli che non rispecchiano i desiderata dei committenti; provoca una strage di esseri umani allo stadio embrionale di proporzioni bibliche (si vedano i dati della relazione ministeriale sulla legge 40/2004), fallisce 8 volte su 10, crea problemi di salute anche gravi alle donne coinvolte e ai bambini “artificiali”: dal male non può che venire altro male.
Francesca Romana Poleggi
Fonte: La Verità