«Il numero fu un successo spettacolare, fu la copia che andò esaurita più velocemente nell’intera storia di Life. Dai colori vividi e con dettagli cristallini, la foto mostra un feto nel suo sacco amniotico con il cordone ombelicale che si snoda fino alla placenta. Il bimbo non ancora nato galleggia in uno spazio quasi cosmico, appare vulnerabile ma sereno. I suoi occhi sono chiusi e i suoi piccoli pugnetti perfettamente formati sono stretti al petto. Uno scatto tecnicamente impressionante, anche per gli standard odierni».
Con queste parole, il giornale The Guardian ha commentato la copertina del magazine americano Life del 1965 che mostrava un bambino non ancora nato di 18 settimane, fotografato dallo svedese Lennart Nillson. Uno scatto impressionante per la sua autenticità, perché dimostra, una volta per tutte, che il bambino non ancora nato è davvero uno di noi.
Nel 1953 il fotografo si presentò alla redazione del Life chiedendo quello che fino a poco tempo prima sarebbe stato considerato impossibile: realizzare una serie di scatti che mostrassero l'evoluzione del bambino dal concepimento alla nascita.
Il lavoro durò ben 12 anni e fu un grande successo: il numero del Life del 1965 con in copertina il bambino, vendette otto milioni di copie in quattro giorni.
Il dibattito sugli scatti di Nillson è ritornato attuale in quanto le sue foto sono state esposte in una mostra a Parigi in questi giorni.
Un vero e proprio atto rivoluzionario, potremmo dire, che rema contro tutto un sistema che ci vuole convincere che il feto non è un essere umano.
Jan Stene, direttore di una galleria di Stoccolma che ha scelto le foto per l'esposizione di Parigi, ha così commentato:
"Nilsson voleva rendere visibile l’invisibile per mostrarci il viaggio stupefacente che ciascuno di noi fa, quel viaggio che ci unisce tutti come umani. Ha voluto darci l’opportunità di guardare dentro noi stessi, scoprendo immagini che ci definiscono come umanità".
L'intento di Nillson era quello di mostrarci quello che è vicino a noi, ma che non era mai stato mostrato. Cinquant'anni fa infatti, non c'erano ovviamente tutti gli strumenti e la tecnologia che possediamo oggi, e sarà sicuramente stata una vera sorpresa per tutti vedere quelle immagini.
Durante i 12 anni di lavoro, Nilsson fu in grado di fotografare solo un bambino vivente, usando una fotocamera endoscopica che poteva arrivare nel grembo materno. Questa fotografia fu inclusa nell’edizione di Life e separata dalle altre, che invece erano state realizzate da aborti spontanei o volontari.
Queste immagini potenti devono interrogare le nostre coscienze. Bambini che sarebbero vivi se non fossero stati uccisi barbaramente o se non fossero morti per cause naturali.
Bambini con gambe, braccia, vene, capillari e piccoli peli. Bambini come lo siamo stati noi, come lo sono i nostri figli.
Piccoli capolavori di vita che ci fanno capire sempre di più quanto il nostro mondo abbia perso la sua umanità. E se pensiamo che dal 1978 più di 6 milioni ne sono stati abortiti in Italia, ci rendiamo conto che nonostante l'avanzamento della scienza e della tecnologia, se l'uomo è dominato dall'ideologia, non riuscirà mai a vedere la realtà delle cose.
Il nostro augurio è che queste foto possano suscitare negli animi delle persone che le vedranno, la bellezza della vita e l'importanza di difenderla sempre.
Chiara Chiessi