L’amministrazione comunale bergamasca ha fatto cortocircuito. Se nella precedente consiliatura, era stato approvato un ordine del giorno urgente, che vietava l’affissione di pubblicità lesive della dignità femminile, all’inizio di quest’anno, la città orobica è stata tappezzata da cartelloni pubblicitari di grandi dimensioni che promuovono una fiera annuale in cui vengono esposte fotografie a contenuto sostanzialmente pornografico, che mercificano il corpo della donna.
La macroscopica incongruenza non era sfuggita ad alcuni consiglieri leghisti: Filippo Bianchi, Enrico Facoetti (capogruppo Lega in Consiglio Comunale) e Luisa Pecce (vicepresidente del Consiglio Comunale). Nella loro interrogazione, presentata lo scorso 5 febbraio, i tre consiglieri d’opposizione chiedevano al sindaco Giorgio Gori e alla giunta se ritenessero «che i suddetti cartelloni pubblicitari rientrino nei canoni che si vogliono evitare», e l’amministrazione intendesse «intervenire per ottemperare all’impegno preso affinché le affissioni all’interno del Comune di Bergamo non siano più utilizzate in futuro come veicolo di mercificazione, offrendo un’immagine negativa ed irrispettosa della donna».
Bianchi, Facoetti e Pecce ricordavano poi che, con l’ordine del giorno approvato l’11 novembre 2015, il Comune di Bergamo aderiva all’iniziativa promossa dall’Unione Donne in Italia (UDI) a sostegno della moratoria delle pubblicità lesive della dignità della donna Comuni liberi dalla pubblicità che offende le donne e dagli stereotipi femminili. Con tale ordine del giorno, il Consiglio Comunale aveva impegnato sindaco e giunta «ad affidare all’Assessorato alle Pari Opportunità, di concerto con gli Assessorati competenti (Cultura, Istruzione) e con il Consiglio delle Donne, la costituzione di un gruppo di sensibilizzazione e monitoraggio delle pubblicità e delle immagini commerciali a tutela della dignità femminile e, in generale, della dignità della persona di qualsiasi età e genere».
Non è tutto. Il Consiglio Comunale di Bergamo ha anche adottato una deliberazione con le linee guida in materia di parità di genere e non discriminazione nell’ambito della comunicazione e della pubblicità «con l’obiettivo che non vengano diffuse e realizzate pubblicità che contengano immagini o rappresentazioni di violenza o che utilizzino i corpi in modo offensivo della dignità della persona e in particolare della donna». Un anno fa, il 4 aprile 2019, infine, lo stesso Consiglio Comunale, ha approvato un ulteriore ordine del giorno urgente avente per oggetto la modifica dei regolamenti relativi alle affissioni del Comune di Bergamo nel rispetto dei princìpi di autodisciplina della comunicazione commerciale e delle linee guida in materia di parità di genere e non discriminazione nell’ambito della comunicazione e della pubblicità.
È in seguito arrivata la risposta – in forma scritta – a cura di Marzia Marchesi, assessore alle Pari Opportunità, la quale ha esposto uno scenario di sostanziale stallo, dovuto anche all’insediamento del nuovo Consiglio, a seguito delle elezioni amministrative del maggio 2019, che hanno interrotto i lavori del tavolo “Pubblicità sessista”, facendone anche decadere dall’incarico alcuni membri come la delegata del Consiglio delle Donne. «Dovrà quindi attendersi la ripresa dei lavori del tavolo non appena il Consiglio delle Donne si sarà insediato ed avrà indicato la sua delegata – spiega l’assessore Marchesi –. Ogni valutazione circa la valutazione di cartelloni o immagini che siano lesive verrà quindi effettuata dalla istituenda commissione alla quale potranno essere sottoposte tutte le segnalazioni del caso. Nel frattempo, il tavolo, in via sperimentale, aveva aperto al Consiglio delle Donne la disponibilità a ricevere segnalazioni. Ritengo – conclude l’assessore – che tale modalità possa essere replicata e, conseguentemente, sarà mia cura sottoporre la sua interrogazione alla prima seduta del tavolo».
Una vicenda che desta parecchia perplessità per due motivi. In primo luogo il Comune di Bergamo contraddice i suoi stessi principi: dopo aver vietato l’affissione di immagini contro la dignità della donna ed aver addirittura istituito un organo di controllo a tale scopo, di fronte ad un’infrazione piuttosto palese non è riuscito a compiere alcuna azione concreta di rimozione. In secondo luogo, sorprende l’incredibile lentezza, generata dai soliti grovigli burocratici (su tutti la nomina della delegata del Consiglio delle Donna) con cui si sta procedendo a monitorare il caso. Un piccolo mistero su cui varrà la pena indagare…