Verrebbe quasi da dire che l’appetito vien mangiando. Bologna è da sempre la città “all’avanguardia” in tema di mentalità gay friendly e di spregiudicate sperimentazioni in fatto di “diritti” Lgbtqia+, portate avanti spesso in contrasto con le normative nazionali. Ebbene, nel capoluogo emiliano, la già influente comunità arcobaleno sta alzando la posta, allargando sempre più le frontiere dell’ideologia arcobaleno, con due nuove istanze, che stanno suscitando la prevedibile reazione delle opposizioni. Pro Vita & Famiglia ne ha parlato con Matteo Di Benedetto, capogruppo della Lega al Consiglio Comunale di Bologna.
Di Benedetto, nel vostro Consiglio Comunale, la maggioranza vuole introdurre l’identità alias per i trasporti pubblici: di che si tratta?
«È una proposta, in base alla quale, in nome della percezione della propria identità di genere, si potrebbe variare il proprio nome sugli abbonamenti per i mezzi pubblici, scaricando un’apposita applicazione. Ovvio che tutto questo avrà conseguenze anche sul piano pratico, andando incontro a non poche complicazioni, in particolare per i controllori. Rischia di venire meno o di essere indebolito l’elemento della certezza sulla persona, quindi della riferibilità giuridica del cittadino, pur di assecondare la velleità di taluni nel chiamarsi in un modo piuttosto che in un altro, a seconda dell’umore del momento. Ovviamente, di per sé, quello che come opposizione contestiamo è soprattutto il principio, perché se l’“autopercezione” oggi vale sui mezzi pubblici, domani potrà valere in un'altra sede: penso, ad esempio, ai servizi che riguardano le donne o quando si va ad applicare il principio della parità di genere. In un articolo firmato da me nel 2021, proprio su Pro Vita & Famiglia, segnalavo il caso di un consigliere eletto al Comune di Bologna di sesso maschile, salvo poi, pochi giorni dopo venire eletto presidente della Commissione Pari Opportunità in rappresentanza del genere meno rappresentato, ovvero quello femminile. Morale: una persona di sesso maschile, in nome dell’autopercezipone, è andata ricoprire una carica che, di diritto, sarebbe spettata a una donna».
Sempre in ambito Lgbt+, c’è tuttavia un’altra novità, per certi versi ancor più dirompente…
«È successo che il Pride di Bologna ha chiesto più fondi per le attività nelle scuole. La posizione della Lega è l’esatto opposto: per noi, i fondi non vanno aumentati, anzi, vanno azzerati, nel senso che vanno destinati all’educazione. A Bologna, abbiamo il problema delle liste di attesa per le scuole dell’infanzia, con famiglie che non possono mandare il figlio alla scuola dell'infanzia perché non c’è posto per loro. Quando poi qualcuno manda i propri figli nei centri estivi comunali, laddove siano bambini disabili, godono di un servizio ridotto in termini di tempo e di ore: questa è una condizione di oggettiva discriminazione dettata dalle risorse. Però, se tu mi dici che hai risorse da destinare all’educazione, a mio avviso la priorità è rappresentata da questi bambini e ragazzi con disabilità nei centri estivi comunali. Quindi le risorse andrebbero investite in queste strutture, non date alle associazioni Lgbt+ per le attività scolastiche».
Cosa chiedete, dunque, al Comune, come opposizione?
«La mia posizione è contraria ma poi vorrei anche che spiegassero a tutte le famiglie dei bambini con disabilità perché hanno deciso di dare fondi alle associazioni Lgbt+ per corsi extrascolastici e non di investirli nel diritto all’istruzione o nei diritti legati ai centri estivi gestiti dal Comune. Ultimo ma non ultimo: vorrei che il Comune di Bologna attribuisse soldi alle associazioni, indipendentemente dal fatto che siano associazioni Lbgt+ o di altro tipo. La condizione per ricevere finanziamenti dev’essere che i genitori possano prima visionare il materiale dei corsi destinati ai figli, non limitandosi a un consenso generico. Non bastano i nomi, servono anche i dati e le competenze del personale che andrà a fare i corsi ai loro figli. Tutto questo perché noi aderiamo al consenso informato che riconosce al genitore il primato educativo».
In sintesi, qual è il messaggio che vuole mandare al Comune di Bologna?
«Sia per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, che ha come quadro generale le indicazioni della normativa regionale, sia per quanto riguarda, a maggior ragione, i corsi extrascolastici, sappiamo che il grosso delle competenze spetta alla Regione. Visto che, tra pochi mesi, ci saranno le elezioni regionali, vorrei che la Regione Emilia-Romagna prendesse una posizione chiara nel fermare le carriere alias nelle scuole e nel trasporto pubblico locale, trasferendo i fondi che oggi vengono dati alle associazioni Lgbt+ ai centri estivi, poiché, ovviamente la carenza non riguarda solo Bologna. Dal momento in cui si andrà al voto tra poco tempo, abbiamo ben in mente queste priorità, quindi è un appello che faccio con convinzione».