Afferma di essere omosessuale e convivente con un uomo, nonché di essere papà di una bambina di quasi due anni. Il trentaquattrenne Nicholas Anesa non fa nessun accenno a com’è nata la piccola, eppure da una serie di particolari emersi dai profili social del suo compagno Stefano Broccoli, tutto lascerebbe pensare che la bimba sia venuta al mondo a Sacramento: la capitale californiana è nota anche per ospitare il Sutter Medical Center, probabilmente la più nota clinica del mondo specializzata nelle “gestazioni per altri”, ovvero nell’utero in affitto. Della mamma, manco a dirlo, nessuna traccia, né menzione. Sarà così? Ma è davvero importante saperlo?
La vicenda, portata allo scoperto pochi giorni fa grazie a un’intervista di Anesa al Corriere della Sera, sarebbe grave (se fosse così), anche in considerazione della recente sentenza della Cassazione che ha confermato l’illiceità dell’utero in affitto, illecito penalmente punibile, anche se commesso all’estero. A ciò va aggiunto un “piccolo particolare”: Nicholas Anesa ha ufficializzato in questi giorni la sua candidatura a sindaco di Bergamo, nelle file del Movimento 5 Stelle.
Anesa e Broccoli hanno recentemente postato alcune foto che li ritraggono assieme alla bambina, accompagnate da una serie hashtag inequivocabili: #duepapà #twodads #twodaddys #twodadsarebetterthanone #famigliearcobaleno #gayfathers #rainbowfamily. In segno di sfida nei confronti dell’associazionismo pro life e pro family, e anche della nostra rivista, la coppia ha aggiunto gli hashtag #provita e #generazionefamiglia. In una di queste foto viene mostrata la bambina al momento della merenda e si insinua: «Nel caso cominciassero pure a dire che i papà gay non sfamano i figli…».
L’unica risposta che possiamo dare alla provocazione di Nicholas Anesa e Stefano Broccoli, consiste in due semplici domande: 1) Ci diranno mai com’è nata la loro bambina? 2) Sono consapevoli che l’utero in affitto è un illecito penalmente perseguibile?
A margine del caso del candidato sindaco M5S bergamasco, Pro Vita ha sollecitato l’opinione del filosofo Diego Fusaro, laico e marxista, eppure, da tempi non sospetti, fermo e convinto oppositore dell’utero in affitto.
Se Nicholas Anesa fosse un papà gay attraverso la maternità surrogata, quali problemi si creerebbero?
«Il problema qui sarebbe, eventualmente, quello dell’utero in affitto, una pratica di disumanizzazione dei rapporti umani, che segna l’apice dell’alienazione, del classismo e della reificazione. In secondo luogo, si perde di vista il fatto che il nascituro viene venduto alla stregua di una merce, l’esito di un desiderio di consumo individuale: direi che è questa la vera tragedia. La nostra è stata definita l’epoca dei “diritti insaziabili”, in cui il desiderio individuale deve diventare un diritto supremo: forse bisognerebbe ridiscutere questo paradigma».
Se venisse confermato l’utero in affitto si tratterebbe di un futuro possibile rappresentante istituzionale che ha violato la legge. Per di più, per il reato di maternità surrogata, il codice penale prevede la reclusione e la maximulta.
«Certo, la violazione della legge è tanto più grave quanto più viene commessa da chi, in realtà, dovrebbe garantire la legge ed essere evidentemente persona integerrima. Non so esattamente se il candidato sindaco l’abbia violata oppure no. Qui il problema sta essenzialmente, ancora una volta, nel diritto sacrosanto del bambino ad avere un padre, una madre, una storia e una possibilità di crescita all’interno di una famiglia. Questo è il punto di vista che bisogna assumere: quello del bambino e non del consumista adulto, che pretende che i suoi desideri diventino diritti».
La comunità Lgbt ha chiesto al sottosegretario Spadafora di rimuovere il patrocinio del Governo al Congresso Mondiale delle Famiglie: polemica assurda visto che la famiglia naturale ancora non è reato, non trova? Siamo al rovesciamento anche del buon senso?
«Se il sottosegretario contribuisse a far togliere il patrocinio, significherebbe aver subìto la pressione di una comunità, quella Lgbt, che ormai diffama come omofobo chiunque non faccia sue le battaglie di quel gruppo. Bisogna ribadire con forza che chi difende la famiglia non svolge la propria attività contro gli omosessuali, i transessuali e quant’altro; semplicemente ritiene che, a fondamento della società tutta – che comprende ovviamente anche omosessuali, gay, lesbiche – ci sono la famiglia e la riproduzione. Ciò non è discriminatorio verso nessuno, anzi, dobbiamo ricordare che tutti gli individui, sia etero che gay, nascono da un padre e da una madre: questo è un punto fondamentale. Una civiltà che perda di vista questa base naturale, è una civiltà votata al nichilismo, quale è la nostra».
In una delle sue foto, Anesa sfida Pro Vita, come se il punto fosse il cibo o l’umanità da dare alla bambina. Cosa fa fatica a comprendere e perché è bene continuare a opporsi ai desideri sbagliati?
«La nostra società è talmente edonista e materialista che pensa che ci siano le condizioni basiche per un’esistenza felice solo se c’è da mangiare. Che ci sia da mangiare è il dato di base perché vi sia la vita ma non di solo pane vive l’uomo, evidentemente. Mettere in discussione la famiglia significa essere veramente al culmine del nichilismo. Essere contro la famiglia non significa essere contro il mondo cattolico, significa essere contro l’intera civiltà umana: questo è il paradosso di questa disumanizzazione in atto».
Luca Marcolivio