La lettera addolorata del papà di una ragazza con tendenze lesbiche, iscritta all’università di Udine, che abbiamo pubblicato qualche giorno fa, ha scatenato un vespaio di polemiche e di reazioni incontrollate – come spesso accade quando si toccano temi LGBT e si osa dire che “non è naturale” avere rapporti omoerotici.
Essi possono essere piacevoli e divertenti – de gustibus non est disputandum (o forse sì, ma lasciamo perdere) -, tuttavia la natura e l’etica sono un’altra questione.
In questo caso, poi, tutti coloro che hanno riportato la lettera hanno – a nostro avviso – fuorviato l’intenzione di quel padre. Infatti, secondo noi, non è una questione relativa all’università di Udine. E non è “colpa dell’università di Udine” se la ragazza è divenuta lesbica.
All’università di Udine, come in tante università italiane, come in tante scuole medie superiori, inferiori, e persino alle elementari e agli asili d’infanzia, sono anni che circolano progetti e idee improntate all’ideologia gender e all’omosessualismo: ideologie che, per definizione, sono veicolate attraverso la propaganda.
E come accade in tutte le scuole di ogni ordine e grado, ci possono essere persone – insegnanti o studenti – che approfittano di certe occasioni per indottrinare gli altri. Pensiamo a quanti insegnanti – in altri tempi – dalla cattedra andavano dicendo che «uccidere un fascista non è reato» (cito testualmente la mia professoressa di lettere della scuola media, che – a parte questo “difettuccio” – era un’ottima insegnante!)
E così – sempre per restare aderente ad esempi di vita vissuta – ho saputo recentemente che alcuni studenti e professori del liceo che ho frequentato sono finiti sotto processo per implicazioni con le Brigate Rosse e l’omicidio Moro.
Qualcuno li aveva indottrinati.
Così come – secondo il papà che ci ha scritto – qualcuno avrebbe indottrinato la figlia all’omosessualismo. Se poi nelle scuole e nelle università si promuovono certi programmi e progetti ideologici, l’indottrinamento è agevolato.
Sarebbe interessante conoscere la versione della ragazza: ma secondo il papà – appunto – è stata circuita.
A noi ha fatto impressione il grido di dolore lacerante di quel papà, che è emerso da quella lettera e l’abbiamo pubblicata.
Una cosa avremmo dovuto scrivere prima, e corriamo ora ai ripari. Un appello a quel papà affinché possa dominare i suoi sentimenti: siamo certi che quel rabbioso grido di dolore è scaturito proprio da un grande amore. In qualche modo lo faccia vedere alla sua figliola. Lo invitiamo a lasciare aperta la porta del cuore – e di casa – per la sua figliola. Perché “amor omnia vincit” e la ragazza, magari tra molto tempo, tornerà. E allora lui, come il Padre del figliol prodigo, dovrà farsi trovare vigile alla finestra per poterle correre incontro ed abbracciarla.
Francesca Romana Poleggi