«Un vergognoso attacco, pieno di falsità, ci arriva da FLC CGIL - il sindacato di chi lavora nel mondo della scuola - in merito alle oltre 150 diffide inviate ad altrettante scuole che hanno intrapreso l’illegale e pericolosa Carriera Alias. La nostra azione legale viene etichettata come “priva di fondamento giuridico”, ma FLC CGIL non confuta nemmeno una delle nostre argomentazioni. Inoltre fa riferimento, volendo distogliere l’attenzione dal vero problema che noi denunciamo, al giusto e sacrosanto contrasto alle discriminazioni, alle violenze e agli stereotipi di genere, che però nulla hanno a che fare con la Carriera Alias. Forse i sindacalisti non hanno letto i riferimenti normativi - tanti, dal codice civile a quello penale, dalla Costituzione e pronunce della Cassazione e ordinanze ministeriali - che confermano come la Carriera Alias sia uno strumento non conforme alle normative vigenti e che le scuole non hanno nessun potere di modifica in ordine al nome e al genere dei minori sulla base di autodichiarazioni e autopercezioni di se stessi. Quando FLC CGIL parla di “contrastare ogni intervento ideologico” che vuole “limitare la libertà e l’autonomia costituzionalmente garantite” delle scuole si dovrebbe riferire alle centinaia di progetti gender nelle scuole che ledono la libertà educativa delle famiglie e la sana educazione e crescita degli alunni, soprattutto i più piccoli. Si dovrebbe inoltre riferire proprio alla Carriera Alias, ovvero - lo ribadiamo - una procedura superficiale e che non richiede nessuna certificazione medica né diagnosi di disforia di genere, ma una semplice autodichiarazione. Una proposta ideologica che rischia di rafforzare l’idea di essere “nati nel corpo sbagliato”, facilitando così percorsi per la transizione sociale o per il cambio di sesso, con bombardamenti ormonali e chirurgia spesso irreversibile. Questo è il vero pericolo da cui proteggere le scuole dei nostri figli e per il quale i sindacalisti dovrebbero battersi se hanno davvero a cuore la salute e il futuro degli studenti». Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus.
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