A Corinaldo, in provincia di Ancona, cinque adolescenti e una giovane mamma di 39 anni sono morti mentre fuggivano da una discoteca piena zeppa di minorenni dove si doveva svolgere un concerto di Sfera Ebbasta, uno dei cantanti trap più in voga del momento. Pare che a scatenare il panico sia stato un giovane teppista che, pur rubare una catenina a un coetaneo, avrebbe spruzzato uno spray urticante che in poco tempo avrebbe reso irrespirabile l’aria nel locale. Gli inquirenti stanno svolgendo le dovute indagini. L’aspetto che ci interessa evidenziare riguarda il rapporto genitori-figli. Fuori alla discoteca c’erano infatti padri e madri chiusi nelle loro auto ad aspettare la fine del concerto, mentre altri stavano all’interno. E allora viene da domandarsi: è normale che i genitori accompagnino personalmente i figli e le figlie di undici, dodici e tredici anni, al concerto di un cantante trap che nei suoi testi esalta le droghe, la vita disordinata e utilizza terminologie decisamente inadatte a un pubblico quasi adolescenziale? E perché lo fanno? Perché non sanno più dire di “NO” ai figli? Perché i padri hanno smesso di essere tali, preferendo trasformarsi ciascuno nel migliore amico del proprio figlio, pronto a soddisfare ogni loro desiderio? Oppure perché anche loro amano un certo tipo di musica e vogliono farla amare alle nuove generazioni? Noi di Pro Vita lo abbiamo chiesto allo psichiatra Paolo Crepet, da tempo molto attivo nel denunciare la pericolosa degenerazione del sano rapporto fra genitori e figli, con i primi ormai del tutto incapaci a gestire il proprio ruolo.
Professore, quanto bisogno c’è, oggi, della figura del genitore severo e capace di dire tanti sani “No”?
«Mi pare evidente che oggi assistiamo al fallimento di una moderna generazione di genitori e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Chiamarli genitori ormai è possibile soltanto sul piano teorico, perché all’atto pratico sono completamente incapaci di gestire il proprio ruolo e la loro essenziale funzione educativa. Diciamo che molti non sanno neanche cosa significhi sviluppare un progetto educativo. Pensano che educare sia soltanto compito della scuola, quando invece è proprio la famiglia la prima, insostituibile, cellula educativa».
Si sta come assistendo a un capovolgimento dei ruoli, con i figli che impongono le regole ai genitori quasi obbligandoli a soddisfare ogni loro capriccio?
«Mi sembra evidente. C’è una sorta di complicità del tutto innaturale. Ma i genitori non possono essere amici dei propri figli. Sono trent’anni almeno che mi ostino a ripetere che i padri devono essere i capitani della nave, devono guidare, essere dei bravi conduttori, non servi dei loro figli. I genitori devono saper distinguere ciò che è bene da ciò che è male, e dovrebbero fare in modo che i figli imparino a distinguere ciò che è lecito fare da ciò che non lo è. Oggi invece assistiamo al paradosso dei padri che vanno a scuola a picchiare gli insegnanti che hanno rimproverato il figlio. Una cosa assurda».
Spesso sono gli stessi genitori ad accompagnare i figli ai concerti di cantanti trap che lanciano messaggi negativi e portano gli adolescenti a considerare quasi lecito drogarsi, sballarsi, ubriacarsi, fare sesso ecc. Invece di mettere in guardia i minori dal non seguire certi modelli, padri e madri si trasformano negli autisti dei figli, facendo anche nascere il sospetto che per primi condividano quei messaggi. Come commenta?
«Cosa vuole che le dica? La verità è che non si può più dire nulla. Mi hanno insultato in queste ore perché mi sono permesso di criticare i cantanti trap, e mi sono sentito rispondere che quella è musica e che loro hanno tutto il diritto di lanciare quel tipo di messaggio. Si fanno tanti discorsi per poi arrivare alla più classica delle conclusioni, ossia che va bene così. A questo punto io alzo le mani. Se ognuno è libero di fare tutto ciò che vuole, di cosa stiamo parlando? Se il cantante trap è libero di dire che drogarsi è bello, se le case discografiche sono libere di pubblicare i trap, se i genitori sono liberi di portare i figli ai loro concerti, mi pare che ormai ci sia ben poco da fare se non rassegnarsi all’idea che drogarsi sia normale, ubriacarsi idem, fare sesso a dodici anni sia la cosa più ovvia del mondo. Mi verrebbe da chiedere: ma allora che volete da me?».
C’è una responsabilità diretta della società moderna che porta a relativizzare tutto e a far prevalere l’individualismo sulla necessità di imporre delle regole?
«La verità è che noi in Italia siamo bravi soltanto a litigare su tutto. C’è stata la tragedia in questa discoteca? Chi ha detto che è colpa di Salvini, chi di Renzi, chi di Berlusconi. Su questo siamo come i bambini. Ci piace litigare sulla cioccolata senza cambiare mai una virgola di questo Paese se non in peggio. Quando ci si trova di fronte a fenomeni che riguardano centinaia di migliaia di ragazzi ed è in pericolo il loro futuro, sarebbe necessario intervenire, ma qui nessuno sembra voler più fare il proprio mestiere. I genitori non conoscono più il sacrificio di fare i genitori. Un mio libro che spopolò inutilmente si intitolava proprio I No che aiutano a crescere. Oggi penso quel libro sia ancora più attuale che mai di fronte alla totale assenza dei No».
Americo Mascarucci