Nell’ambito della campagna nazionale di Pro Vita & Famiglia, di sensibilizzazione contro i rischi gravi legati all’assunzione della pillola abortiva RU 486, la nostra associazione, ha subito gravi e ripetute censure, in diverse città in cui l’affissione dei manifesti era stata ottenuta tramite regolari permessi, tra cui: Roma, Rimini, Bergamo, Torino e Milano. In altri casi, invece, i manifesti sono stati imbrattati o strappati o direttamente rimossi, com’è avvenuto a Bari e a Bisceglie (Bat).
Uno zelo censorio che ha visto scendere in campo anche i campioni della tolleranza a senso unico: Lucarelli, Parenzo, Saviano che ne hanno chiesto a gran voce la rimozione, generando la risposta immediata dei teppisti. La motivazione ufficiale sarebbe che, in teoria, la RU486, si possa considerare sicura, in quanto approvata dall’Aifa e i manifesti, dunque, mirerebbero a procurare un allarme inutile per la salute e la vita delle donne che ne fanno uso.
Eppure non tutti sono stati a guardare: in molte città sono state organizzate interrogazioni consigliari che hanno puntualizzato la legittimità della campagna di comunicazione, basata su una visione culturale pro-vita, di tutto rispetto, che vede il nascituro, indiscutibilmente come una persona al 100% e dunque, in quanto tale, avente i suoi legittimi diritti, in primis, quello alla vita.
Anche a Genova si è tentato di procedere alla rimozione forzata dei manifesti, tramite una mozione presentata in consiglio comunale, dalla minoranza di centrosinistra che ha definito la campagna di ProVita “un attacco ai diritti delle donne duramente conquistati con decenni di lotte e battaglie sociali”, una mozione, poi, fortunatamente respinta.
Anche a Firenze la nostra campagna ha fatto molto rumore. Infatti, per sostenerla, dopo che in Consiglio, l’assessore alle Pari Opportunità, Benedetta Albanese, aveva deciso di diffidare Pro Vita & Famiglia e la ditta che aveva messo a disposizione la “vela”, accarezzando anche l’ipotesi di eventuali sanzioni contro la nostra associazione, il consigliere d’opposizione Andrea Asciuti (Lega) ha manifestato apertamente la sua contrarietà. Asciuti, infatti avrebbe affermato a chiare lettere che: «Con la Ru486 la donna diventa il “sarcofago” del proprio figlio, prima di espellerlo e gettarlo chissà dove», generando un’insurrezione generale del centrosinistra fiorentino che, per tutta risposta, si sarebbe dato da fare per sospendere la campagna di Pro Vita, sul territorio.
In realtà, quello che si vuol mettere a tacere, con questo ostinato atteggiamento di censura, sono i rischi collaterali per la salute delle donne, dovuti alla somministrazione della pillola RU486, noti alla letteratura scientifica. L’affissione di questi manifesti, infatti, vuole stimolare proprio il libero pensiero, il giudizio critico. Perché, come ha fatto notare anche il consigliere Gioenzo Renzi (FdI) tra i rappresentanti politici scesi in campo per difendere la nostra campagna, a Rimini: “La legge che consente l’aborto nel nostro paese, non nega la libertà di criticarlo”.