E’ sfuggita a molti la notizia sull’ennesima e incomprensibile decisione presa dalla più alta Corte della Colombia che ha stabilito che le persone dovrebbero essere in grado di avere il loro genere registrato come non-binario, piuttosto che come maschio o femmina, sui documenti di identità ufficiali.
Dopo la decisione dello stesso organismo costituzionale supremo che ha liberalizzato l’aborto sino alla 24esima settimana lo scorso 22 febbraio, è arrivata questa sul diritto a registrarsi con il sesso preferito e con l’obbligo amministrativo di prevedere che esso possa essere anche quello ‘non-binario’.
La Corte Costituzionale il 2 marzo scorso ha dunque stabilito che il governo deve rendere possibile per "le persone non binarie optare per questa categoria, con le stesse garanzie di coloro che si identificano ufficialmente come binari". Il tribunale stava considerando il caso di un 40enne colombiano nato maschio che ha iniziato una transizione di genere all'età di 20 anni, e nel 2015 ha cambiato il suo nome in Dani Garcia. Nel 2019, Garcia ha chiesto un nuovo documento d'identità con il genere indicato come "indeterminato". La richiesta è stata inizialmente negata dal registro nazionale incaricato del rilascio dei documenti d'identità. Il tribunale, invece, ha ordinato al registro di rilasciare a Garcia un nuovo documento con una qualifica di genere non binario.
L'introduzione di una nuova categoria di genere "è un primo passo verso l'effettiva partecipazione sociale", si legge nella sentenza strutturalmente e contenutisticamente politica del tribunale. Ciò anche alla luce che solo l'1,8% dei 36 milioni di adulti della Colombia si auto identificano come membri della comunità LGBTQ, inclusi omosessuali e lesbiche che sono la stragrande maggioranza e che non si identificano come non-binari.
Siamo davanti, quindi, una sentenza di bandiera e puramente ideologica.