La contraccezione aumenta il rischio di infezioni da HIV: lo dimostra uno studio recente “Risk of HIV infection in Depot-Medrosxyprogesterone Acetate (DPMA) Users: a systematic Review and Meta-Analysis”, (http://issuesinlawandmedicine.com/product/article-2-fall-2015/).
E’ stato dimostrato che l’uso del Depoprovera (medrossiprogesterone acetato), in forma deposito, aumenta del 49% la possibilità di contrarre l’AIDS nelle donne che ne fanno uso rispetto al gruppo di controllo formato da donne che non utilizzano contraccettivi.
Nella sua forma “iniettiva deposito” il Depoprovera assicura la contraccezione per tre mesi e quindi assicura contro il rischio di utilizzo improprio delle pillole ed è questa la ragione per la quale questa modalità di somministrazione viene preferita specialmente nelle zone più povere e arretrate del pianeta.
Lo studio in questione ha passato in rassegna 23 articoli pubblicati su riviste internazionali di qualità e rappresenta lo studio più ampio che sia mai stato pubblicato nel settore specifico.
Il Depoprovera è il contraccettivo più utilizzato dalle ONG non governative che trattano la questione (tipo Fondazione Bill e Melinda Gates) e dalle agenzie governative come l’UNFPA, l’agenzia delle Nazioni Unite per la pianificazione familiare e la USAIDS l’agenzia americana per lo sviluppo internazionale, soprattutto nell’Africa sub-sahariana (dove l’incidenza dell’AIDS è ancora molto elevata).
Gli autori dell’articolo, tra cui Joel Brind docente di endocrinologia alla City University di New York, Steven Condly ricercatore alla Accademia Militare US e Steven Mosher presidente del Population Research Institute, hanno anche cercato di dare una spiegazione del fenomeno con la riduzione della risposta immunitaria e l’assottigliamento di quelle barriere epiteliali naturali che sono in grado di prevenire l’infiltrazione del virus dell’HIV che rappresenterebbero l’effetto collaterale del farmaco anticoncezionale.
Lo studio in questione dimostra in maniera molto chiara l’associazione tra HIV e Depoprovera, ma l’OMS, la Fondazione Gates e le altre parti coinvolte nella vicenda sono sembrate poco convinte.
Sulla vicenda l’OMS ha rilasciato delle note decisamente controverse infatti da una parte ha riconosciuto come reale l’aumento del rischio nei confronti del virus dell’HIV, d’altro canto però non esita a dire che: “Non ci sono restrizioni nell’uso dei contraccettivi ormonali, incluso il Medrossiprogesterone acetato, per le donne a rischio di HIV (Categoria MEC1)” .
Nonostante gli studi pubblicati a riguardo, l’OMS afferma che: “Non esistono prove dell’associazione tra il farmaco e l’aumento del rischio per l’acquisizione dell’HIV”.
Il principio di precauzione vorrebbe che in presenza di un dubbio di tal fatta l’OMS, così attenta al tema della prevenzione, si schierasse dalla parte della prudenza. Questo però non è accaduto e si può, forse, cercare di capirne le ragioni.
L’OMS non vive di fondi propri, bensì di quelli concessi dai vari governi, il 10% del suo fatturato proviene inoltre dalle fondazioni private, tipo Melinda e Bill Gates, e una parte considerevole del budget proviene dall’industria farmaceutica.
Un antico detto diceva che chi paga il conto decide anche quali debbano essere le regole del gioco. Le persone coinvolte, e i rischi che corrono per evitare le gravidanze indesiderate, sono elementi secondari e poco interessanti rispetto agli interessi dei grandi gruppi industriali internazionali e del fatturato che possono produrre.
Dina Nerozzi