20/06/2017

Contro l’uomo: la Cirinnà come Cartesio

La “cultura della morte” comprende molte sfaccettature, dal gender, all’abortismo, all’iper-sessualizzazione della società e dei bambini in primis. E’ comunque una cultura contro l’uomo che attraverso il relativismo etico e il positivismo giuridico sta cercando di distruggere, approdando al nichilismo. In questo contesto è interessante notare come lo spiritualismo cartesiano e il materialismo marxista siano in fondo due facce della stessa medaglia. 

Questa riflessione giunge quanto mai opportuna viste le recenti dichiarazioni della senatrice Cirinnà, a Repubblica, in cui dice espressamente che lei e i suoi si stanno impegnando per la legalizzazione dell’adozione gay e dell’utero in affitto.

L’ideologia gender, la pratica dell’utero in affitto, l’opinione secondo cui non importa chi genera i figli, ma chi li alleva… sono tutte posizioni filosofiche basate su una visione spiritualista dell’uomo. Monica Cirinnà, Sergio Lo Giudice, Vladimir Luxuria… anche se a prima vista potrebbe sembrare strano, sono dei puri spiritualisti, degli attardati seguaci di Platone e di Cartesio.

Le ideologie contro l’uomo, come il gender, e le loro conseguenze pratiche sono frutto di una impostazione spiritualista.

Se in un recente passato a dominare è stato il paradigma materialista, per il quale l’uomo è solo materia, oggi a cercare una rivincita è la visione opposta: tutto è spirito.

Se tutto è spirito, non importa se si nasce maschio o femmina, da un punto di vista materiale, corporeo, genetico, anatomico, ormonale, psichico…. L’importante è ciò che si pensa e si decide di essere. Un maschio che si ritiene femmina, sarà femmina, e viceversa (lo stesso discorso però nessuno lo farebbe mai per un’anoressica: “se ti senti grassa, è perchè sei grassa”)

Analogamente non importa se un figlio nasce da un patrimonio genetico di una persona estranea, da un ovulo comperato, o nell’utero di una donna che non vedrà mai: l’importante è chi crescerà il bambino, e con quale “amore” lo farà.

Ciò che conta è un “amore” svincolato dalla natura, dalla biologia, dalla genetica, dall’esperienza…

L’uomo è mutilato da una visione materialista, così come da una visione spiritualista

Ma lo spiritualismo è una visione corretta, filosoficamente e scientificamente, dell’uomo?

No. Come non lo è il materialismo, che ha ormai mostrato, esistenzialmente, tutti i suoi limiti. Spiritualismo e materialismo colgono solo parte della realtà umana, e come tali non possono che portare al fallimento e alla sconfitta.

Oggi sappiamo molto bene che Platone e Cartesio, i filosofi che scindevano in un rigido dualismo anima e corpo, avevano torto. Un grande neuroscienziato, Damasio, ha scritto proprio un libro intitolato Cartesio aveva torto (Adelphi).

Vedevano molto più lontano Aristotele, e, ancor di più, filosofi come Agostino e Tommaso, che, rifacendosi alla Bibbia, coglievano l’uomo non come puro corpo, né come anima calata, contenuta in un corpo, ma come un’ unità psico-fisica.

Per Platone e Cartesio l’uomo è essenzialmente e unicamente anima, pensiero. Per il grande filosofo greco il corpo è la prigione, la tomba dell’anima (soma-sema); per il celebre matematico il corpo è mera res extensa, un abitacolo senza vera dignità, come lo scafandro dell’astronauta (l’astronauta è tale, quale che sia lo scafandro che indossa).

Ebbene, come si diceva, oggi è piuttosto chiaro che questa visione non regge, così come non regge l’idea materialista secondo cui l’uomo è solo ciò che mangia, ciò che le leggi naturali decidono che sia…

Dobbiamo riscoprire la dimensione unitaria dell’uomo

Le neuroscienze ci dicono che, accanto ai geni maschili e femminili, esistono anche il cervello maschile e femminile, la psicologia maschile e femminile; la medicina in generale contraddice il dualismo cartesiano per il quale basta curare il corpo, infischiandosene dell’anima, così come rigetta l’idea che sia sufficiente alleviare le sofferenze dell’anima, per guarire il corpo.

Si va sempre di più comprendendo la necessità di una visione unitaria.

Infatti le cosiddette malattie psicosomatiche dimostrano chiaramente la capacità del corpo di agire sulla psiche e della psiche di agire sul corpo; analogamente l’assistenza di un anziano mostra che tutto il nutrimento biologico possibile, senza un nutrimento affettivo, serve a ben poco; i casi di persone che si risvegliano dal coma, non per merito di un medicinale, ma perché trattati con affetto e premura, magari per anni, dai loro parenti, confermano ulteriormente che tutto ciò che è spirituale è anche corporale e viceversa.

Così, quanto all’identità sessuale, si nasce maschio, ma nello stesso tempo si diventa maschio. Si nasce femmina, ma si deve anche diventare femmina. Il dato naturale, corporeo, materiale, cioè il nascere maschio o femmina, esiste, è evidente, non può essere negato, ma non basta, non è tutto: deve per così dire crescere, svilupparsi, fiorire.

Accanto al dato, il corpo, ci sono l’ambiente, i condizionamenti, le scelte… in una parola la vita che compete allo spirito.

Fingere che non esista il dato genetico, materiale, la natura, come fa lo spiritualista, è, come tutte le finzioni, nocivo; fingere che non esista il dato culturale, ambientale, educativo, del libero arbitrio, come fa il materialista, è anch’esso un atteggiamento errato, perché parziale.

Nessuno di noi cercherebbe di far crescere limoni dai semi di soia; ma neppure di far crescere limoni dai semi di limone, privando la pianta di acqua, luce e nutrimento.

I teorici del gender presumono una visione spiritualista dell’uomo, assolutamente fallace perché parziale

Si è maschio o femmina, dunque, sia nel corpo, che nella psiche; si è padri e madri sia fisicamente, che spiritualmente. Il ritornello secondo cui vi sono padri e madri che non sono buoni padri e buone madri, è una banale constatazione, che non porta però con sé, come conseguenza, la bontà della omogenitorialità.

Dal seme di limone può non nascere un bel limone succoso; ma ciò non significa che, per avere limoni succosi, sia meglio fare a meno del seme di limone.

Così i genitori devono essere anzitutto tali (cioè capaci di generare, cioè complementari e diversi); inoltre devono anche essere “bravi” genitori, cioè capaci di unire al dato biologico, al loro saper generare nel corpo, la capacità di generare anche nello spirito. Solo così il figlio sarà frutto di una relazione completa, e potrà così sviluppare in modo completo la sua natura. Solo così sarà anzitutto un figlio a tutti gli effetti, ed inoltre sarà anche amato da chi deve amarlo, da chi può dargli ciò di cui ha bisogno.

Negare la natura in nome della cultura è dunque come negare il corpo in nome dello spirito: una operazione spiritualista assurda come quella contraria. La cultura stessa, infatti, esiste perché l’uomo è, per natura, un animale culturale (concetto del tutto evidente alla linguistica e alle neuroscienze, quando dichiarano che il linguaggio potenzialmente infinito è solo umano, è solo della natura umana; vedi Andrea Moro, Parlo dunque sono, Adelphi, 2015).

Allora, di cosa ha bisogno ogni uomo? Essendo fatti di anima e di corpo, in stretta e inscindibile relazione tra loro, abbiamo tutti bisogno sia di nutrimento biologico sia di nutrimento spirituale. Non di uno solo. E viviamo ogni esperienza con il corpo e lo spirito, insieme.

Francesco Agnoli

Fonte: Libertà e Persona


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