La Corte di Giustizia europea ha sfornato una sentenza che farà discutere e probabilmente storia: nella causa n. C-267/12 viene sancito che una coppia gay deve poter godere dei medesimi benefici offerti dal datore di lavoro rispetto ad una coppia sposata.
Tutto nasce in Francia dove un uomo, dopo aver concluso un Pact con il compagno, chiede al proprio datore di lavoro, la banca Credit agricole mutuel, la licenza ed il bonus economico che il contratto collettivo prevede per i novelli sposi. Richiesta che non trova accoglimento. Così l’uomo trascina la banca in tribunale, arrivando sino alla Corte di Cassazione la quale sospende il processo per chiedere un contributo chiarificatorio alla Corte di Giustizia di Lussemburgo.
Tale organo ha come primaria competenza quella di dirimere le situazioni di contrasto tra le normative dei 28 Stati membri ed i principi generali dell’Unione Europea ed in questo caso decide che il diritto di uguaglianza vada considerato gerarchicamente superiore rispetto alle previsioni normative statuali e dà ragione al dipendente della Credit agricole mutuel.
Le argomentazioni addotte dalla Corte seguono un semplice sillogismo: nei Pacs la coppia si impegna giuridicamente a condurre una vita assieme, pure il matrimonio è vivere assieme con spirito di assistenza reciproca quindi i Pacs sono da considerarsi come un matrimonio. Comportarsi diversamente significherebbe discriminare, soprattutto in contesti che impediscono alle coppie omosessuali di accedere al negozio giuridico del matrimonio.
Questa sentenza, pur non avendo potere cogente nei confronti dei singoli Stati, getta ulteriori basi per il riconoscimento dei matrimoni GLBT e pare rivolta soprattutto a quelle Nazioni che non riconoscono nemmeno all’interno del proprio ordinamento forme di unione civile sulla falsa riga dei Pacs.
C’è da scommettere che stuoli di giuristi che invocano il modello comunitario si strapperanno le vesti ed innalzeranno ancora il coro dell’Italia ultimo Stato d’Europa a livello civile.
Redazione