21/02/2025 di Giuliano Guzzo

Cosa significa per l’Oms se gli Stati vanno via e chiudono i finanziamenti

Lo aveva già annunciato nel corso del suo primo mandato e lo ha rifatto all’inizio di questo: Donald Trump ha annunciato l’uscita degli Stati Uniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Un annuncio a cui ne è seguito uno simile, ai primi di febbraio, da parte del presidente argentino Javier Milei, il quale ha motivato la scelta di far uscire il suo Paese dall’Oms parlando di «profonde divergenze sulla gestione della salute pubblica». Questo terremoto internazionale ha sollevato un dibattito che si è allargato anche al contesto italiano: a fine gennaio, infatti, il senatore della Lega Claudio Borghi ha depositato un «ddl per l'abrogazione del decreto legislativo del 1947 che ci lega all'Oms» e, nel Consiglio regionale della Lombardia, è stata approvata una mozione della Lega, sostenuta anche da Forza Italia e Fratelli d’Italia, che impegna la giunta regionale «a sostenere il governo nella valutazione di un eventuale disimpegno dall’Oms dell’Italia».

Le criticità dell’Oms

Ora, a prescindere dalle motivazioni per cui ciascuno dei citati esponenti e forze politiche appoggia l’uscita dall’Oms – o l’ha addirittura già decisa -, non pare superfluo un ragionamento sulle politiche bioetiche di tale organizzazione. Che, di fatto, sono ormai storicamente contrarie ai valori fondamentali della società, a partire da quello della vita; e questo sin da quando, nel 1985, l’ente si appiattì sull’interpretazione messa a punto due decenni prima dalle lobby abortiste riconoscendo la gravidanza solo a partire dall’avvenuto impianto dell’embrione nell’utero. Una menzogna che in tempi più recenti, nel 2019, ha portato l’Oms alla pubblicazione delle prime “Linee Guida sull'autocura” richiamando l’attenzione sulla cosiddetta «salute sessuale e riproduttiva» e, quindi, facendo dell’autocura - definita come «la capacità di individui, famiglie e comunità di prevenire e affrontare malattie, con o senza il supporto di un operatore sanitario» - un pretesto per sponsorizzare nuovamente l’aborto.

Ancora, appena scoppiata la pandemia, nei primi mesi del 2020, l’Oms - nella sua dichiarazione alla Daily Caller News Foundation – ha definito l'aborto nientemeno che un «servizio essenziale». Ma non si pensi ad un solo discorso di parole: oltre alle dichiarazioni, in favore delle politiche abortiste questa organizzazione ha investito anche parecchi quattrini. Quanti? Lo si può evincere spulciando il “Bilancio consuntivo 2022-2023 del Programma di riproduzione umana”, stilando dall’Oms, appunto, dove a pagina 57 si afferma che l’8% del budget è stato impiegato per la pianificazione familiare e la contraccezione e, poi, l’11% per l’aborto cosiddetto sicuro. Con una semplice addizione, possiamo quindi affermare che il 19% dei soldi che l’Oms riceve per incentivare o tutelare la natalità – e stiamo parlando di diversi milioni di dollari – servono di fatto per lo scopo diametralmente opposto: impedire il concepimento o uccidere il nascituro. 

Non solo l’aborto tra le oscurità dell’Oms

L’Oms è anche sponsor della fecondazione extracorporea; nell’aprile 2023 ha pubblicato “Infertility prevalence estimates”, un rapporto di 80 pagine da una parte per dire che una persona su 6, nel mondo, è affetta da infertilità, dall’altra per lamentare come «le soluzioni per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento dell’infertilità, tra cui le tecnologie di riproduzione assistita come la fecondazione in vitro (FIV)» resterebbero «sottofinanziate e inaccessibili a molti a causa dei costi elevati»; quindi non è esagerato affermare che l’Oms tifi per più figli in provetta per tutti. Come ricordato da Pro Vita & Famiglia, l’Oms ha emanato anche linee guida sui transgender e tutto lascia pensare che, prima o poi, si voglia arrivare ad estenderne la validità anche per i giovanissimi. Ora, considerando – come ha dichiarato in Aula, proprio ad inizio febbraio, il Ministro della Salute Orazio Schillaci - che nel 2024 il nostro Paese ha contribuito all’Oms con 18 milioni di dollari come quota obbligatoria e con 7,8 milioni di dollari in contributi volontari, sarebbe il caso di chiedersi se non sarebbe opportuno, seguendo Trump e Milei, che anche l’Italia valutasse di uscire da questo ente, interrompendo di finanziarlo quanto meno nella quota obbligatoria, pari come si è appena detto a quasi 20 milioni di dollari. Parecchi soldi che, oggettivamente, potrebbero essere investiti in modo senza dubbio più utile ed equo, che finanziando una organizzazione che ne destina moltissimi per sostenere, nel mondo, l’aborto ed altre pratiche tutt’altro che eticamente accettabili.

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