24/06/2023 di Fabrizio Cannone

Così Gran Bretagna, Svezia e Svizzera ritirano le politiche di sostegno al gender

Tra le ideologie più nefaste della contemporaneità spicca sicuramente l’antiscientifica teoria del gender. La quale, riassunta in due parole per i neofiti, insegna che il sesso non è un dato di natura, oggetto della biologia e dell’anatomia, come da sempre si era creduto. Ma una scelta soggettiva e mutevole, dovuta a pulsioni, gusti e tendenze personali, un po’ come la squadra del cuore o il bar di predilezione.

Ultimamente però, come ci dice European Conservative, sia il governo svedese che quello svizzero, preceduti da quello di Londra, stanno facendo dei passi indietro sul concetto abusivo (e abusato) di identità di genere. Riducendo lo spazio alle cosiddette “transizioni di genere”, ultimamente esplose in mezzo Occidente, ai danni di minorenni, indotti a mutilazioni irreversibili da adulti senza scrupoli.

Così, dopo la chiusura della clinica Tavistock, tristemente nota per le “transizioni facili”, il servizio sanitario del Regno Unito, ha “preso la decisione di limitare severamente l'accesso dei minori ai bloccanti della pubertà, che sarà riservato a circostanze eccezionali”. Pochi giorni fa, il ministero della Sanità della Gran Bretagna, ha reso noto che “non offrirà abitualmente farmaci che bloccano la pubertà ai bambini nelle cliniche dell'identità di genere”. Richiedendo ulteriori evidenze, come scrive Jill Lawless sull’APnews, di natura medica e psicologica, “sui potenziali benefici e danni”.

Anche la Svezia, secondo France 24, “ha iniziato a limitare i trattamenti ormonali di riassegnazione di genere per i minori”. E questo poiché ci si è infine resi conto, “come molti paesi occidentali”, che si tratta di una “questione altamente delicata”. E fonte di problemi a volte insolubili.

Così secondo Thomas Linden un responsabile della sanita svedese, “Lo stato incerto delle conoscenze richiede cautela”. Già oggi quindi sono sconsigliate le mastectomie femminili (asporto dei seni) e i bloccanti della pubertà per gli adolescenti.

E il cambiamento va apprezzato perché la Svezia, paese avanzatissimo nei cosiddetti diritti civili, è stato uno dei primissimi Stati al mondo, ad “introdurre il cambio di sesso legale”. Dunque, non è vero che “indietro non si torna” o che bisogna per forza “andare avanti”. Bisogna valutare in coscienza la strada intrapresa, prima di adottare certi slogan.

Anche la Svizzera, “uno dei paesi occidentali con uno dei più alti tassi di persone che non si identificano né come maschi né come femmine”, secondo un tristissimo sondaggio IPSOS già citato da Pro vita, sta moderando le politiche di subalternità alle lobby Lgbt.

E ultimamente, “dopo molte tergiversazioni”, il governo avrebbe rifiutato la menzione di un “terzo genere o genere neutro nei documenti ufficiali”. Questo, spiega Hélène de Lauzon su European Conservative, perché “il modello di genere binario è ancora fortemente ancorato nella società”.

“Questa posizione, continua la giornalista, è stata appena confermata in una recente sentenza d'appello della Corte suprema della Confederazione svizzera”.

Ora, tenere conto del sentire comune è segno di realismo, certo. Ma ancor di più bisognerebbe leggere e approfondire senza pregiudizi tutte le certezze biologiche, mediche, psicologiche e anatomiche sulle differenze insopprimibili e assolutamente non secondarie tra i corpi maschili e femminili.

Queste differenze, direttamente implicate nella procreazione umana, proprio per il rispetto della natura – di cui tanto parlano gli ecologisti – dovrebbero essere protette e salvaguardate. E non ignorate, demonizzate o peggio cancellate con un bisturi.

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