Si parla spesso di deficit democratico: quello che è accaduto in Croazia certamente è uno dei casi più lampanti.
Per difendere la famiglia naturale è stata introdotta una modifica nel dettato costituzionale in cui si sancisce che il matrimonio è “l’unione tra un uomo ed una donna”. La norma è stata confermata da un referendum popolare il 1 dicembre 2013.
Movimenti in difesa dei valori tradizionali, organizzazioni religiose ma soprattutto tanti privati cittadini in quell’occasione si sono espressi: il 66% della popolazione ha votato a favore della modifica, ritenendo necessario porre dei paletti perché la famiglia è il nucleo fondante della società e della crescita delle nuove generazioni.
Alla faccia della democrazia, il Parlamento si è mosso in senso opposto, aggirando la questione tramite formali cavilli: hanno adottato il 15 luglio 2014 una legge che regola la relazione di partnerariato tra gay, di fatto equiparando diritti e doveri a quelli dei coniugi.
Questo ha prodotto diverse conseguenze negative. Una legge siffatta è andata ad interferire con decine di altre leggi (non solo in materia di famiglia, ma anche nel mondo del lavoro, previdenziale…), creando una vera e propria incertezza giuridica in monti campi. Inoltre è evidentemente salito alle stelle il livello di disaffezione alla politica da parte di un popolo che aveva chiaramente espresso pochi mesi prima la propria volontà e si sente gabbato dai suoi rappresentanti.
Le organizzazioni promotrici del referendum non stanno di certo a guardare ed hanno già annunciato ricorsi alla Corte Costituzionale.
Redazione