Nel “migliore dei mondi possibili” in cui, secondo i progressisti, staremmo tutti vivendo, c’è una scienza che è divenuta il nemico numero 1 degli ideologi e degli utopisti. E non è la teologia, né la filosofia o le altre scienze di taglio umanistico. Ma è la biologia. Poiché essa studia l’essere umano per quello che è realmente, e non per ciò che vorremmo che fosse, e manda in frantumi i sogni-incubi dei padroni del discorso.
A fronte di un’impennata di giovani e minorenni che si dichiarano “transgender” o “non binari” e che sempre più spesso iniziano una “transizione di genere”, in Russia, come riporta Avvenire, la Duma ha «approvato in prima lettura una proposta di legge che vieta gli interventi chirurgici per cambiare sesso». Tranne per i casi di «anomalie congenite nei bambini».
Secondo Piotr Tolstoj, deputato del partito Russia Unita e vice presidente del parlamento, la legge appena votata dalla Camera bassa, serve ad erigere una «barriera alla penetrazione dell'ideologia anti-famiglia occidentale». E purtroppo da occidentali - e fieri di esserlo come siamo - non è possibile dargli torto.
Specie se si pensa al fenomeno ormai mondiale dei Gay Pride, sostenuto dalle multinazionali, da Joe Biden negli Usa, dalla Cia e dai poteri forti tutti quanti. Che anzi ora si è trasformato nella celebrazione dell’intero mese di giugno, quale mese Lgbtq+ e in cui tutte le rivendicazioni più astruse, estremiste e discutibili, come l’utero in affitto, vengono messe nero su bianco. Con attori, politici e miliardari ben contenti di metterci la faccia.
Secondo il comunicato dei deputati della Duma, esiste «un'industria del cambiamento sessuale ben sviluppata in Russia», e di essa farebbero parte, oltre a molti medici e psicologi, una serie di «organizzazioni e gruppi Lgbt».
Al di là del governo che la sta emanando, si tratta di una norma che va nel senso della difesa dei valori tradizionali, universali e naturali. E che non è appannaggio del solo partito di Putin ma è stata condivisa, come riporta sempre Avvenire, da «400 deputati, su un totale di 450, rappresentanti di cinque partiti, tra cui il partito del Cremlino, Russia Unita».
La legge, oltre a sfavorire il mercato del cambiamento di sesso, nega la possibilità di variare genere, o inventarlo. E questo «nei documenti di identità e altri certificati ufficiali». E anche questo dà solidità ad una nazione e crea solidarietà e armonia tra le generazioni.
Secondo le statistiche riportate da Oleg Salagay, vice ministro della Sanità, solo nel 2022 ci sarebbero state in Russia «996 richieste di cambio di sesso» e ammonterebbero a 2700 i russi che dopo il 2018 avrebbero fatto correggere il loro documento, per ragioni di «auto-percezione».
Anche ambienti della sinistra o scettici verso Putin hanno condiviso una misura restrittiva su cui tutti dovremmo riflettere. Perché il punto di fondo, al di là degli aspetti giuridici e normativi, è questo. Vista la pervasività dell’ideologia trans che sta corrodendo il femminismo dall’interno e sta spingendo un numero sempre più alto di minorenni a credere che la soluzione dei loro problemi sia nella chirurgia, è chiaro che bisogna intervenire e fare qualcosa. Se si tollera troppo il commercio di droga, si finirà per legalizzarla e se si chiudono gli occhi sulla prostituzione essa diverrà un mestiere come un altro, magari proposto dal centro per l’impiego a nostra figlia.
Se ammettiamo che medici senza scrupoli facciano soldi spingendo degli adolescenti a prendere ormoni o bloccanti della pubertà, allora siamo già divenuti schiavi dell’ideologia e sordi al buon senso. Del resto, è noto il numero sempre più elevato dei cosiddetti “detransitioners”, i pentiti della transizione. I quali dichiarano che hanno accettato la mutilazione del proprio corpo, che era sanissimo, proprio perché indotti dallo psicologo o dal medico di turno, dall’assistente sociale, dal sito web pro trans, eccetera.
Questa legge serve a rafforzare un trend pro family che precede di gran lunga la sciagurata operazione militare in Ucraina e che vuole rafforzare la famiglia e il senso di appartenenza. E correggere quelle tendenze abnormi che un tempo ci venivano dall’Unione sovietica mentre oggi ci giungono dall’Unione europea.