Negli Stati Uniti un giudice federale ha temporaneamente impedito all’Arizona di porre in essere una legge che protegge le donne negli sport femminili dal costante attacco di atleti maschi biologici che si sentono “donne trans” e per questo pretendono di partecipare. Secondo l’Associated Press, infatti, un giudice di Tucson ha dato preliminarmente ragione a due cosiddette "ragazze transgender" contro la legge dello stato dell’Arizona che tutela l'equità e l'integrità nello sport femminile. I querelanti, infatti, sostengono che la legge è discriminatoria. Il che è assurdo se pensiamo che è il contrario, perché la vera discriminazione è proprio verso le donne.
Per fortuna il sovrintendente della pubblica istruzione dell'Arizona, Tom Horne - persona coinvolta nella disputa legale - ha dichiarato che presenterà ricorso contro questa decisione. «La legge - ha dichiarato - mirava a dare alle ragazze pari opportunità di praticare sport. Quando un ragazzo biologico gioca in uno sport femminile, svantaggia le ragazze».
La discriminazione trans nei confronti delle donne nel mondo dello sport però continua incessantemente, anche con altri casi. Come è successo, sempre negli Stati Uniti, nello stato del Vermont. Affermare le verità biologiche e scientifiche è infatti costato caro a David Bloch, un allenatore di snowboard della Woodstock Union High School, che è stato infatti licenziato per aver semplicemente detto che i maschi sono biologicamente diversi dalle femmine e questo dà ai maschi un vantaggio nello sport. Come ha dichiarato il suo avvocato, «il Primo Emendamento garantisce che Dave, e ogni altro americano, possa esprimere liberamente le proprie opinioni su una questione di profonda preoccupazione pubblica senza punizioni da parte delle autorità» ed è per questo che è stato chiesto l’immediato reintegro di Dace come allenatore, nonostante nella lettera di accusa sia stato scritto - secondo l’avvocato in modo totalmente falso - che Dave sia imputato anche di «molestie, nonninsmo e bullismo».
Ci chiediamo, ma forse la domanda è retorica, quanto impiegherà tutto ciò ad arrivare in Italia e a discriminare anche qui le donne? Appunto, la domanda è retorica perché il pericolo gender, nello sport così come in altri ambiti, è già realtà nel nostro Paese. Pensiamo infatti all’atleta trans Valentina Petrillo, alle polemiche sorte sul caso Miss Italia e alla bombardante Carriera Alias che ormai colpisce scuole di ogni ordine e grado, istituti, università, aziende ed enti.