Non è la prima volta che una persona transgender osa sfidare il politicamente corretto e criticare il ddl Zan. Il precedente più noto è quello di Platinette, che, in più occasioni ha difeso la famiglia naturale. È accaduto più di recente anche con Neviana Calzolari, nata maschio, sociologa e scrittrice, una vita dedicata più agli studi storici che agli eccessi in piume di struzzo o ai Pride. Il suo pensiero fuori dal coro espresso sia su MicroMega che in un’intervista a La Verità ha scatenato un’ordalia di polemiche, invettive e insulti tra le comunità lgbt. «Ecco un’attivista trans che si è bevuta il cervello», è stato uno dei commenti sui social. Altri epiteti ricorrenti (e poco fantasiosi): «fascista» e «kapò».
«Il problema del movimento Lgbtq e delle persone che dicono di rappresentarlo solo perché sono a capo di associazioni è che alla fine si pongono sempre in modo estremamente aggressivo e verbalmente violento nei confronti di chi esprime delle posizioni divergenti dal mainstream del movimento – ha dichiarato Calzolari –. Cercano di intimidirti, e se reagisci ribaltano la frittata». E ancora: «Ti accusano di avere un atteggiamento aggressivo, mentre gli aggressivi sono loro». Finché le sue affermazioni controcorrente sono rimaste confinate su MicroMega, nessun problema. Il putiferio si è scatenato dopo l’intervista a La Verità, con relativa accusa di essere stata «strumentalizzata dalla destra».
Neviana Calzolari è convinta che chi la accusa sia «in malafede» e non si dia «nemmeno la pena di leggere e documentarsi». Qual è però il capo di accusa nei suoi confronti? In primo luogo, l’aver affermato che «sesso e genere sono cose diverse» e che «la transessualità ha a che fare con una spinta forte, insopprimibile a lungo andare, a cambiare le caratteristiche del proprio corpo a favore del sesso di elezione». Non è vero poi, sostiene Calzolari, che il ddl Zan non abbia nulla a che fare con la transizione di genere: «È chiaro che il concetto di identità di genere è stato introdotto come caposaldo perché si vuole puntare proprio a questo: a rendere indistinguibili, come se si trattasse di cose intercambiabili, transizione di sesso e genere», ha affermato.
Sul ddl Zan, la sociologa è critica su tutta la linea. In primo luogo, perché «cercare di ancorare ipotesi di reato penale a vissuti soggettivi ci porterebbe al caos più completo» e «ogni giudice andrebbe a ruota libera». La bozza di legge contro l’omotransfobia attualmente ferma al Senato è «un’arma di distrazione di massa dai veri problemi dei transessuali», afferma Calzolari, che poi, rincara la dose. «Il vero problema – prosegue la sociologa – è che c’è un sistema di aiuti e assistenza socio-sanitaria che fa pena, che è inadeguato rispetto alla creazione di un benessere personale e una vera integrazione sociale. Ma le associazioni trans e il movimento Lgbtq hanno interesse a rimuovere questi problemi – che sono prioritari per la salute delle persone – e preferiscono concentrarsi su aspetti repressivi di carattere penale».
Calzolari entra infine nel merito dell’ideologia gender imposta nei programmi scolastici. «Non credo sia giusto condizionare – ha dichiarato – perché poi, di fatto, mandare le associazioni nelle scuole sarebbe un condizionamento. I bimbi e ragazzi in fase puberale devono essere lasciati da soli a esplorare il mondo e il loro corpo, eventualmente con un supporto specialistico. Ma l’ideologia non deve assolutamente entrare».