L’approssimarsi dell’autunno sta riportando in primo piano il dibattito intorno al ddl Zan-Scalfarotto-Boldrini sull’omotransfobia. Nell’associazionismo pro life, si seguono con attenzione i vari passaggi nella calendarizzazione del progetto di legge ma, nel contempo, si cerca di concretizzare una linea d’azione efficace per ostacolarne l’approvazione. In questa fase, emerge ancora una volta la necessità di un’ampia convergenza tra ambiti culturali anche molto diversi. Vi sono, ad esempio, correnti femministe che, storicamente, non si identificano tout court con i principi della famiglia naturale o della sacralità della vita dal concepimento alla morte naturale e che, ciononostante, hanno a cuore la dignità della donna e la sua specificità.
Di questo dialogo costruttivo si è avuto riscontro durante la tavola rotonda sul tema Ddl Zan, dissenso informato. Le ragioni di un “no” per la libertà di tutti, ospitata giovedì scorso presso l’arcivescovado di Lucca. All’incontro, promosso dal Comitato Difendiamo i Nostri Figli, hanno preso parte Massimo Gandolfini, presidente del medesimo comitato, Alfredo Mantovano, magistrato e vicepresidente del Centro Studi “Rosario Livatino”, le giornaliste Marina Terragni e Monica Ricci Sargentini, entrambe di orientamento femminista e autrici di editoriali e inchieste che svelano l’iniquità dell’utero in affitto. Il dibatto è stato moderato da Emmanuele Di Leo, presidente di Steadfast onlus, che ha sintetizzato a Pro Vita & Famiglia lo spirito del convegno e la direzione che sta prendendo questa originale forma di collaborazione.
Durante l’estate il dibattito sul ddl Zan-Scalfarotto-Boldrini sembrava essere finito un po’ in sordina. A che punto siamo e cosa ci aspetta in Parlamento in autunno?
«Il ddl Zan, più che essere finito in sordina, non è stato calendarizzato nei lavori parlamentari di settembre e noi ci auguriamo che, visto la mole di lavoro su temi importanti che il Parlamento dovrà affrontare in autunno, possa slittare ancora verso fine novembre. Per chi si batte per la difesa della famiglia naturale e di una antropologia fondata sulla realtà umana oggettiva, resta comunque un progetto di legge molto pericoloso perché mette in pericolo la possibilità di azioni culturali e politiche che rischierebbero di essere considerate “discriminatorie” se il progetto di legge Zan-Scalfarotto-Boldrini venisse approvato».
Dal convegno di Lucca è scaturita una linea d’azione comune tra associazionismo pro life e femministe?
«Il dialogo tra alcuni movimenti femministi e Steadfast è già consolidato su alcuni temi che ci vedono dallo stesso lato della barricata, in particolare sulla questione dell’utero in affitto, ma intravediamo possibilità di dialogo anche sulla tema della tratta delle donne e della prostituzione. Il ddl Zan è un altro terreno su cui si possono trovare punti di incontro per una battaglia comune, visto che anche le femministe sono preoccupate e contrarie rispetto al considerare “l’identità di genere” prevalente rispetto alla sessualità biologica. Ovviamente ci sono sfumature piuttosto diverse anche su questo tema specifico ma il dialogo che siamo riusciti ad instaurare anche con un mondo tradizionalmente lontano dall’ambiente pro life e pro family, ci sembra positivo per una prospettiva in cui si possono unire le forze almeno su alcuni punti che abbiamo in comune, senza per questo perdere la nostra identità e la nostra visione».