La demografia in Cina presenta dei dati allarmanti: 40 milioni di scapoli cinesi non possono trovare moglie.
Manca il materiale umano: quarant’anni di politica del figlio unico sommata alla preferenza per i maschi, ha portato ad uno spaventoso squilibrio tra i due sessi.
La preferenza per i figli maschi è dettata da ragioni culturali con radici profonde (il nome, la famiglia, continua col maschio), ma anche da questioni socio – economiche: mantenere i figli costa molto. Mantenere le femmine costa di più: devono avere una dote, entrano nella famiglia del futuro marito e i genitori non possono contare sulla sua assistenza quando saranno vecchi (e la previdenza sociale in Cina è peggiore perfino della nostra, in quanto è praticamente inesistente).
Recentemente i media cinesi hanno annunciato i vantaggi economici attesi attraverso l’attuazione della nuova politica dei due figli: un aumento della forza lavoro e del PIL, così come una riduzione della percentuale di anziani. Le pubblicazioni ufficiali, tuttavia, non hanno sfiorato il problema della disparità di sessi. Le bambine che nascerebbero da ora saranno in età da marito tra vent’anni. E poi per i problemi sopra descritti coloro il cui primo figlio è maschio difficilmente sceglieranno di avere un secondo figlio. Quelli che hanno una femmina, e che possono fare un secondo figlio, continueranno ad abortire le bambine.
Un economista cinese, il professor Xie Zuoshi della Shejiang University, ha offerto una soluzione per lo squilibrio tra i sessi. Aveva stimato che entro il 2020, ci saranno 40 milioni di maschi in più rispetto alle femmine. Questi maschi, che egli chiama “guanggun” o “rami spogli”, non saranno mai in grado di trovare moglie e di avere figli. Xie vede questo come un problema economico e ha prospettato una soluzione economica: consentire agli uomini di condividere le mogli.
Francesca Romana Poleggi
Fonte: Womens rights without frontiers
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