31/12/2024 di Giuliano Guzzo

Vittoria contro il gender in Disney? Qualcosa inizia a muoversi

La battaglia contro ideologia gender nei cartoon, dopo anni di denunce e segnalazioni, ha registrato una piccola ma significativa vittoria. Sì, perché, secondo quanto confermato da fonti della stessa Disney, una storia transgender è stata tagliata; stiamo parlando di quella contenuta in Win or lose, la prima miniserie animata originale Disney Pixar che arriverà sì a febbraio (precisamente il 19 febbraio 2025) su Disney+, ma senza avere tra i suoi protagonisti – diversamente da come avrebbe dovuto essere – il primo personaggio transgender. Che di fatto rimarrà nella serie, ma alcune parti di dialoghi dedicati all’identità di genere, secondo quanto riporta la rivista The Hollywood Reporter – che ha dato la notizia -, sono state cancellate, dunque non ci sarò nessun tipo di riferimento esplicito al transgenderismo.

Disney: «Educazione spetta a genitori»

Questa, va da sé, è una novità già positiva ma che, attenzione, lo diventa ancor di più, vedendo che cosa ha dichiarato, ripreso perfino da mass media progressisti, un portavoce della storica casa di produzione di contenuti per bambini. «Quando si tratta di contenuti di animazione per un pubblico così giovane», ha dichiarato costui, «sappiamo che molti genitori preferiscono discutere di determinati argomenti con i propri figli secondo i propri termini e tempi». Inutile dire che tutto questo ha generato non poca amarezza sui mass media progressisti, che stanno già ricollegando questo sorprendente dietrofront della Disney ad un effetto dell’elezione di Donald Trump, il quale, al pari di altri politici repubblicani, è come noto ostile ai programmi Dei, acronimo che sta per «diversità, equità e inclusione».

Che c’entri o meno l’influsso di Trump (che comunque è poco probabile) in questa vicenda, una cosa è certa: per chi, come Pro Vita & Famiglia – che per chiedere alla Disney l’eliminazione di ogni contenuto di propaganda Lgbt ha promosso una petizione che ha raccolto oltre 50.000 adesioni –, questa novità sulla serie Win or lose è senza dubbio una ottima notizia. Tuttavia, anche se siamo sotto le feste di Natale ed è tempo di brindisi, prima di festeggiare la vittoria contro l’ideologia gender, ecco, conviene aspettare; anche nei riguardi della stessa Disney, che solo pochi mesi fa ha fatto sapere di voler rendere disponibile sulla propria piattaforma la nuova serie Star Wars, la «più gay di sempre». Cosa di fatto poi successa.

Ma la Disney rimane Lgbt

Senza dimenticare poi come nel 2022 non un dipendente qualsiasi o un collaboratore saltuario, bensì Karey Burke in persona, presidente della Disney's General Entertainment Content, avesse sottolineato che più personaggi nei cartoon saranno arcobaleno, anzi «almeno la metà» dovrà esserlo. D’altronde, quello della celebre casa di cartoni animati per i contenuti «inclusivi» e pro Lgbt è un impegno importante non solo perché spazia da serie a film di animazione, ma anche perché è quasi storico, per così dire. Basti ripensare al video di una conferenza tenuta nell'ormai lontano 1998 all'Università della California da Elizabeth Birch, dirigente dal 1995 al 2004 della Human Rights Campaign, la più grande organizzazione Lgbt americana. Ebbene in quel filmato, dopo essersi accertata che tra il pubblico non vi fossero giornalisti - e probabilmente senza sapere di essere ripresa - la Birch riferisce di uno scambio di battute avuto con Michael Eisner, amministratore delegato della Walt Disney Company per oltre vent'anni, cui lei disse che il 30 per cento dei suoi dipendenti fosse gay, prima d'esser da costui corretta: «Ti sbagli, Elisabeth, sono il 40 per cento». Lo ribadiamo: parliamo del 1998, dunque di un'era geologica fa rispetto ai progressi e alle rivendicazioni Lgbt degli ultimi anni. La Cnn fissa invece addirittura al 1984 l'anno in cui in casa Disney è iniziata una metamorfosi di apertura verso il pubblico Lgbt.

La battaglia contro la propaganda gender continua

Tutto questo per dire che, evidentemente, la pur incoraggiante eliminazione da Win or lose di forme propagandistiche transgender – per di più una eliminazione esplicitamente motivata da un richiamo al primato educativo della famiglia -, è troppo poco per parlare di vittoria. Si può dire che si è vinta una battaglia, questo sì; ma lo scontro si annuncia ancora lungo e combattuto. 

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