27/04/2021 di Manuela Antonacci

Don Patriciello su ddl Zan: «Come l’aborto decenni fa. Dai casi estremi vuole legiferare sulla quotidianità»

Sul tema ormai caldo di questi giorni, ovvero il ddl Zan, anche la Chiesa – lo sappiamo – ha espresso la sua opinione, contraria, al disegno di legge sull’omotransfobia. Già la Cei, infatti, in un comunicato della scorsa estate, si era espressa contro questa legge e diversi vescovi e sacerdoti, soprattutto ultimamente, hanno ribadito forte il loro no ad una legge inutile e per di più liberticida. È sceso in campo anche don Maurizio Patriciello che, nelle scorse settimane, sulle colonne di Avvenire ha sottolineato alcuni degli aspetti controversi di questo ddl che abbiamo voluto riprendere con lui, nella nostra intervista.

 

Cosa ne pensa del ddl Zan?

«Innanzitutto mi sto accorgendo che questo disegno di legge produce tante domande, da parte dei giuristi, degli amici avvocati, dei miei amici magistrati. Non è un discorso che riguarda solo i cattolici. Avvenire, in questi giorni, ha proposto addirittura interviste alle femministe che non sono d’accordo con questo disegno di legge. E quindi è un discorso molto serio, perché andiamo a toccare le radici dell’umano. Cosa c’è che non va, allora? Innanzitutto è una grande calunnia che noi rimandiamo al mittente il fatto che a noi non stanno a cuore le minoranze, i diritti dei disabili, i diritti dei fratelli omosessuali, transessuali. Questa è una grande calunnia, ma nel ddl c’è qualcosa di non chiaro, come l’espressione “identità di genere”, una definizione talmente labile, che fa impressione quando dice “Per essa si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver compiuto un percorso di transizione”. Qui siamo ad un livello soggettivo molto serio: in Canada ci sono stati dei problemi per dei carcerati maschi che hanno detto di sentirsi donne e pretendiamo di essere insieme alle detenute, con tutto quello che poi ne è derivato. Questi sono problemi seri, se si dissente da tutto questo, si rischia di andare in tribunale. Inoltre Airoma faceva comprendere che sono possibili anche le intercettazioni, quindi, nel mio caso, con questo ddl, si entrerà nella mia vita di sacerdote, si metterà sotto controllo il mio telefono, è qualcosa di incredibile che, però, la maggior parte delle persone non riescono a comprendere. Il reato di opinione è una realtà, non un’ipotesi peregrina. Cosa accadrà se dovesse passare il ddl, infatti? Che si arriverà nelle scuole, a parlare ai ragazzi e guai a chi si ribella. Mettere insieme tutto, in questo calderone, non va bene. Il discorso dev’essere ancora elaborato, ancora sostenuto, portato avanti con grande serenità, intelligenza, perché noi vogliamo il bene di tutti. Sulla mia pagina Facebook ho messo tre piccoli pensieri di avvocati diversi che non sono d’accordo con questo disegno di legge, neanche in questo caso il dibattito che ne è seguito è stato sereno: molti si sono scagliati contro di loro. Quindi io penso che quando l’ideologia diventa così forte, allora è pericolosa. Che ci sia in ballo la libertà di espressione, non va bene, poco mi importa se Zan cerca di tranquillizzare in merito a questo. Io semplicemente non voglio essere processato perché penso che un bambino ha bisogno di un papà e una mamma o perché penso che l’utero in affitto sia un abominio».

C’è una certa fretta nell’approvazione di questo ddl, come mai, secondo Lei?

«Si dice che la gatta frettolosa fa i figli ciechi, tutte le volte che c’è fretta per una presunta emergenza si sbaglia. Pensiamo al caso di quella ragazza che ultimamente ha fatto discutere, che, dopo aver dichiarato la sua omosessualità, in famiglia, è stata sbattuta fuori di casa: peccato che si siano dimenticati di dire che provenisse da una famiglia musulmana. Ora sottolineo che, in questo caso siamo in un altro mondo culturale, come si fa ad omettere questo “particolare”? Perché sui giornali non è emerso questo “dettaglio” e sa perché? Perché questi casi vengono assunti come dei cavalli di battaglia, ma è un discorso disonesto. Quando c’è stato il caso, nella mia parrocchia, della povera Maria Paola Gaglione, che aveva una relazione con Ciro che è un trans ed è morta a causa di un incidente causato, forse, dallo speronamento dell’auto del fratello, io non ho potuto esprimermi con certezza sull’accaduto, anche se tutti dicevano che l’intento del fratello di Paola era quello di ammazzarla, perché la dinamica dell’incidente non è ancora chiara. Ma anche qui c’è un particolare che è stato omesso, nel raccontare della vicenda, ovvero che Ciro spacciava droga, ma questo discorso ai genitori di Paola non fa piacere, tuttavia, io non posso esimermi dal dire la verità perché Ciro, seppure non con questo nome, l’ho battezzato io, così come ho battezzato Paola e, se permetti, a questi ragazzi voglio bene. Ciro poteva anche essere nato maschio ed essere etero, la mamma di Paola avrebbe ugualmente messo in guardia la figlia, su di lui, perché vive di espedienti. Non dobbiamo avere paura della verità, in questo caso l’omofobia non c’entrava. Invece, puntualmente si è scatenata l’Arcigay, anche in questo caso e, nel pomeriggio stesso, il parroco era diventato già fomentatore di odio. La gente è rimasta allibita di fronte a queste accuse nei miei confronti. Le dirò di più, i giornalisti quando sono arrivati qui, mi hanno chiesto se il fratello di Paola avesse voluto causare la morte della sorella, ma io come faccio a dire una cosa del genere? Non c’ero quella notte. Ma se tu mi fai una domanda di questo tipo, io, in tutta coscienza e intelligenza, rispondo che il fratello di Paola, quella notte, voleva riportare a casa sua sorella. Sono bastate queste parole e Arcigay, nel pomeriggio, è uscito con un comunicato stampa di accusa nei miei confronti. Noi abbiamo il diritto a dire la nostra, anche se siamo una minoranza, attenzione alla finestra di Overton, ad esempio, quando si è parlato dell’aborto vent’anni fa, si sottolineava solo in casi estremi e invece, poi, non è stato così. Perché quando si apre la finestra di Overton, non soltanto le cose una volta vietata diventano lecite, ma ciò che prima era lecito diventa vietato».

 

 

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