“Sono una donna, sono una madre”: Women of the World lancia una proposta politica, ragionevole e fattibile, a tutela della donna e della maternità.
Per quanto la società possa cambiare, infatti, la maternità resta l’elemento chiave portante della struttura sociale.
I tentativi ideologici di trasformare la maternità in un ‘concetto antropologico‘, le tecno-scienze tutte tese a trasferire in asettici laboratori il concepimento e la nascita delle nuove generazioni, dovranno presto o tardi fare i conti con la verità: senza la materintà – senza la madre (e il padre, ovviamente), l’individuo perde umanità, certezze, personalità. La società è destinata a implodere e a morire.
Negli ultimi decenni, l’ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro ha sollevato il problema della conciliazione di esso con la maternità. La pressione sociale ha tentato di coartare e reprimere il desiderio naturale delle donne di mettere al mondo dei figli e vederli crescere. Il femminismo ha fatto di tutto per far credere alle donne che la loro realizzazione significa somigliare agli uomini: l’inverno demografico e il lento suicidio dell’Occidente, stanno qui a dimostrare che è necessaria e urgente un’inversione di queste tendenze.
La maternità deve riconquistare la sua somma dignità sociale e deve essere messa al centro delle politiche dei Paesi che si vantano di essere ‘Stati sociali’ e democratici, pena il progressivo e inesorabile degrado dell’umanità verso la completa estinzione.
Questa la proposta di Women of the World, che si articola in 10 punti. Il documento completo, in inglese, si può leggere collegandosi a questo link.
- Sostanziale ed effettiva possibilità di conciliare la famiglia e il lavoro: in questo campo molti dicono e pochi fanno. Chi fa, spesso, intende risolvere il problema trovando soluzioni che consentono alla donna di lavorare a tempo pieno (e oltre...) trovando sostituti che si occupino dei bambini. Questa è una falsa soluzione del problema.
- Promozione del telelavoro e del lavoro a casa, che non serve necessariamente alle donne: la famiglia tutta deve avere tepo per vivere insieme.
- Permessi parentali per motivi di famiglia, fruibili finché i figli sono minorenni: i genitori che per esempio devono andare a parlare con gli insegnanti dei figli non devono essere costretti a rinunciare alle ferie.
- Promozione dei contratti di lavoro part-time: l’insufficienza di questo tipo di rapporti di lavoro è la principale causa di abbandono dell’impiego da parte delle donne che hanno avuto figli.
- La maternità e la cura dei figli e/o delle persone anziane deve essere riconosciuta a livello sociale e previdenziale come un vero e proprio impiego, dato che è un servizio per la società misurabile (e misurato) a livello di Prodotto Interno Lordo.
- La pensione di reversibilità deve essere adeguata, in caso di vedovanza, in modo da consentire alla vedova con figli di mantenere un tenore di vita tale da non essere obbligata a cercarsi un lavoro.
- Incentivi alle imprese che assumono donne che per lungo tempo sono state fuori dal mercato del lavoro per essersi dedicate alla famiglia e ai figli piccoli.
- Possibilità di denuncia e successiva azione legale nei confronti di chiunque abbia posto in essere comportamenti discriminatori nei confronti delle madri o delle lavoratrici che hanno contratto matrimonio o hanno espresso il desiderio di avere bambini.
- Eliminazione delle politiche ideologiche e sociali che non rispettano la donna nella sua identità di persona naturalmente predisposta alla maternità. Valorizzazione della femminilità, decostruzione degli stereotipi di donna-oggetto di una attività sessuale fine a se stessa, tesa allo sfruttamento del corpo femminile.
- Abolizione universale dell’utero in affitto, perché in ogni luogo e in ogni circostanza deve essere penalmente perseguito chi fa mercato del corpo delle donne e dei bambini.
Qui a ProVita abbiamo da tempo sottoscritto il manifesto di “Noi, Donne del Mondo” (Women of the World). Anche questo documento è del tutto condivisibile. C’è solo una cosa che manca: “Abolizione universale del commercio degli ovociti”; perché lo sfruttamento – a volte fino alla morte – del corpo delle donne, prima di arrivare all’aberrazione dell’utero in affitto passa per lo sfruttamento – spesso truffaldino – di persone considerate alla stregua di ‘galline dalle uova d’oro’...
Le Donne della Redazione
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