La droga è un aspetto integrante della vita del 90% dei giovani italiani. È quanto emerge dalla ricerca “Sto a posto così”, condotta su 2.671 studenti delle scuole superiori, licei e istituti professionali, di Roma e periferia.
Scrive Il Giornale: «Le domande rivolte agli adolescenti interpellati non erano riguardanti consumi e esperienze da loro stessi provati, ma erano inerenti alle abitudini della cerchia di amici e compagni di scuola frequentati dai ragazzi. L’indagine è stata svolta dalla Asl Roma 2 con la Cooperativa Parsec. Il dato notevolmente preoccupante è che il 90% degli intervistati dichiara di conoscere coetanei che fanno abitualmente, o sporadicamente, uso di cannabis».
A fare maggiore uso di droga sono i ragazzi degli istituti professionali. Inoltre, «il 47,2% dei ragazzi interpellati ha dichiarato che i loro amici farebbero uso di canne anche tra le mura domestiche» e «sarebbe normale anche fumare spinelli prima di entrare in classe (51,4%) o all’uscita dall’istituto (66,6%)».
I numeri, seppure limitati a un campione non amplissimo e che risentono della delicatezza del tema e del fatto di parlare in terza persona, sono allarmanti.
La falsa distinzione tra droga “leggera” e “pesante”
A giocare a sfavore della diffusione di questi comportamenti pericolosi per la salute vi è certamente l’idea che la cannabis sia una droga “leggera”, pressoché priva di conseguenze. Non è così, e non solo perché il fatto di utilizzarla spesso apre all’uso di sostanze ancora più nocive, per raggiungere livelli di “sballo” sempre superiori. La cannabis, anche se utilizzata in ridotte quantità e sporadicamente, per via dei livelli di concentrazione di THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) sempre maggiori provoca danni a livello cerebrale. E questo con un’incidenza ancora maggiore se si tratta di persone giovani, con un cervello ancora plastico e in formazione.
La droga come ricerca di senso
Accanto a questo vi è certamente un altro aspetto che non va dimenticato e sul quale è importante investire. Durante il periodo centrale dell’adolescenza (14-20 anni, circa) i giovani sono travolti da una moltitudine di cambiamenti: fisici, ormonali, emotivi... E tutti i cambiamenti, che richiedono una trasformazione, implicano una crisi, che naturalmente può variare per incidenza. Di fronte a questa “crisi”, che si potrebbe catalogare come “esistenziale”, i giovani hanno bisogno di avere accanto a sé delle persone, degli educatori, che mettano ordine nella loro confusione e che mostrino loro la direzione da prendere. È questo il delicato compito che spetta in primo luogo ai genitori.
Genitori tuttavia che, oggi come un tempo, sono assorbiti da altro e che faticano a “leggere” quel figlio che da bambino si sta trasformando in adulto. E se un tempo c’erano altre figure di riferimento, altri maestri cui guardare (i giovani sono dei grandi osservatori dei comportamenti degli adulti), un senso di responsabilità più marcato negli adulti, unito a un buon controllo sociale (derivato dalla coscienza, ormai sopita, che esiste un “bene” e un “male”, e che non è tutto relativo), oggi tutto è a maglie più larghe. La droga diventa così un “lecito” surrogato di senso. Quel senso della vita, di speranza nel futuro, che spesso gli adulti non sanno indicare, e ancora peggio non incarnano: incoerenze, divorzi e separazioni, rincorsa al mito della giovinezza, materialità fine a se stessa... tutto questo ai giovani non serve, e anzi fa male. E la droga vuole lenire quel male, vuole riempire quel vuoto.
Il che non significa che, concepita in questo senso, la droga sia un palliativo in fondo legittimo per i giovani. Vuol semplicemente dire che, con il loro malessere, i giovani stanno chiudendo aiuto: chi è disposto ad ascoltare il loro grido?
Giulia Tanel
Fonte: Il Giornale