Il commercio della Cannabis Light torna a tenere banco nella politica e soprattutto ad essere addirittura incentivato da una sorprendente decisione del Tar del Lazio, che ha sospeso il decreto del governo dello scorso agosto, accogliendo dunque il ricorso dei produttori.
Il decreto firmato dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, datato 7 agosto (ne abbiamo parlato QUI) aveva infatti revocato il decreto Speranza del 2020 che liberalizzava i prodotti a base di cannabidiolo, un olio estratto dalla canapa indiana. Da settembre, dunque, si sarebbero potuti acquistare soltanto in farmacia e non più nei negozi di "cannabis light" (che sappiamo bene non essere affatto light, leggera). Per ottenerli serviva dunque una ricetta medica non ripetibile.
Ebbene questa misura - che appunto introduceva normative più restrittive per il commercio dei derivati e delle composizioni ad uso orale - è stata ora sospesa e tutta la questione è stata rimandata al prossimo 24 ottobre, quando ci sarà un’altra udienza per esaminare più approfonditamente il caso.
Il ricorso era stato presentato degli Imprenditori Canapa Italia (Ici), produttori e venditori che hanno contestato l’assenza di parere al Consiglio superiore della sanità.
Una decisione che, però, lascia abbastanza basiti. Già in passato, infatti, le Sezioni Unite della Cassazione hanno sancito che la cannabis è uno stupefacente a prescindere dalla quantità di THC. Speriamo che il Tar si renda conto che anche il cannabidiolo può far male. Inoltre questa, piccola magari ma sicuramente importante, restrizione appariva importante non solo per la salute di tanti ragazzini, ma anche per l’aspetto culturale che portava con se sull’uso della cannabis: ciò è illegale, nella mentalità collettiva viene comunque percepito come "male". E speriamo che si arrivi presto a sancire soprattutto che non esistono droghe "leggere" né “light”.