26/04/2021 di Giuliano Guzzo

Ecco le pressioni europee (prive di valore giuridico) per far approvare il ddl Zan

La legge Zan è «cruciale per l’allineamento del quadro giuridico italiano sui crimini d’odio e sui discorsi d’odio con quello degli altri Stati membri dell’UE e del Consiglio d’Europa in materia […] pertanto, vi esortiamo ad avviare il dibattito sul disegno di legge e a metterlo ai voti». Sono le parole che - in particolare al Presidente della Commissione Giustizia, senatore Andrea Ostellari, e in generale al Parlamento Italiano - l’intergruppo Lgbti al Parlamento europeo ha messo nero su bianco col fine, evidente, di esercitare pressioni affinché il ddl Zan sia approvato al più presto.

Ora, tante sono le considerazioni che si possono effettuare su questo intervento. La prima – banale, ma doverosa – riguarda il fatto che le pressioni europee Lgbti sono legittime, ma non hanno alcun valore giuridico e, soprattutto, non si possono in alcun modo considerare espressione di una più vasta «richiesta europea». Sono e restano le parole, lo si ripete, di un intergruppo come altri, che ha tutto il diritto di fare le richieste e le pressioni che ritiene ma ciò che produce – in termini di atti – non risulta in alcun modo vincolante per l’Italia.

C’è di più. Per quanto riguarda il ddl Zan, è del tutto improprio ogni richiamo all’Europa. Per un motivo molto semplice: il diritto dell’Unione Europea è sostanzialmente privo di competenze in materia penale, ambito di intervento di più articoli della legge contro l’omobitransfobia e cuore, se si vuole, dell’intera proposta legislativa. Non solo: una eventuale intromissione in materia da parte degli organi dell’Unione Europea costituirebbe – per le ragioni appena dette, in ordine ai limiti di competenza – una gravissima violazione della sovranità nazionale.

Posto questo - e sottolineato che non esiste alcuna decisione vincolante degli organi CEDU che richieda agli Stati di adottare norme penali in materia di omobitransfobia -, si può capire come le pressioni europee pro legge Zan possano essere serenamente ignorante; tanto più, ecco il punto, che il nostro Paese tutela appieno le persone a prescindere dal loro sesso e orientamento sessuale e che non c’è alcuna emergenza omobistransfobia. Beninteso: quand’anche una emergenza ci fosse – e siamo ben lontani da questo scenario -, non sarebbe egualmente legittima alcuna ingerenza sull’operato del nostro Parlamento.

Tuttavia, dato che neppure tale condizione sussiste – e dato che l’attivazione della leva penale, in uno Stato di diritto, è sempre l’extrema ratio – diviene chiara l’importanza che il nostro Parlamento resti libero e non si faccia condizionare da alcuno. Tanto più che, anche senza le pressioni europee, ci sono comunque quelle interne da parte di artisti, influencer e attori che in massa si sono schierati a favore di un ddl che, nella stragrande maggioranza dei casi, non sarà neppure stato non studiato, ma neppure letto.

Curiosamente, neppure l’intergruppo europeo Lgbti sembra aver letto la legge Zan, nella misura in cui la definisce una norma «che contribuisce sostanzialmente alla protezione dei gruppi vulnerabili in Italia»; sì, perché «i gruppi vulnerabili in Italia» sono tutti già oggi protetti dalla Costituzione italiana e dalle leggi ad essa subordinate, tutte riflettenti il principio di eguaglianza da un lato e, dall’altro, quello della piena tutela dei diritti della persona, a prescindere dal suo credo, dal suo ceto, dalla sua identità. Chi ignora tutto ciò o mente oppure è poco informato. In entrambi i casi non merita perciò di esser preso sul serio. Anche se siede nel Parlamento europeo.




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