Secondo le statistiche gonfiate dei movimenti lgbt, le aggressioni omofobe sarebbero migliaia. Secondo i dati reali, però, tale numero scende precipitosamente a poche decine l’anno. Una buona ragione – seppur non certamente l’unica – per risparmiarci l’approvazione del ddl Zan contro l’omotransfobia.
Basta fare un’indagine approfondita e minuziosa, per avere la conferma di almeno una decina di casi di cronaca completamente manipolati e strumentalizzati per la propaganda arcobaleno. Anche all’estero, in particolare negli USA, il fenomeno è particolarmente diffuso. L’episodio più clamoroso: quello che ha coinvolto l’attore Jussie Smollet che due anni fa simulò un’aggressione omofoba, finendo poi addirittura in manette per truffa. Abbiamo raccolto gli episodi italiani che riteniamo più significativi. Le vicende sono state riportate in larga parte da testate di orientamento liberal, quindi non certo tacciabili di omofobia. Nessuna di queste ricostruzioni è stata mai “sbufalata”.
Lo scorso novembre la ventitreenne genovese Camilla aveva confidato in un video di subire quotidianamente insulti dai vicini di casa, a motivo della sua omosessualità. In realtà le frizioni con i condomini, secondo quanto riferito da Selvaggia Lucarelli su The Post Internazionale, sarebbero insorte già alcuni anni prima, quando la giovane aveva avviato dei lavori in casa, con i calcinacci che andavano a depositarsi sulle scale o nei balconi sottostanti.
L’aspetto curioso è che, nel momento in cui Camilla era andata ad abitare nel suo attuale palazzo, era fidanzata con un ragazzo. Qualche tempo dopo la rottura con quest’ultimo, una donna aveva iniziato a convivere con Camilla, portandosi in casa un cane di grossa taglia, che aveva iniziato a terrorizzare i cani dei vicini, aggredendone e ferendone uno. La convivenza con i condomini diventa tesissima, al punto che un giorno, Camilla trova le gomme della sua macchina bucate (stranissima coincidenza, anche i vicini con cui ha litigato, si sono ritrovati con le gomme bucate…). Segue un violento alterco, con tanto di ingiurie omofobe, ripreso in un video. Altro particolare sospetto: la ragazza non avrebbe denunciato le gomme bucate nel suo esposto.
La controversia giudiziaria è stata seguita dall’immancabile avvocato Cathy La Torre, paladina di innumerevoli cause lgbt. Molte cose, insomma, non quadrano ed è la stessa Selvaggia Lucarelli, sostenitrice convinta del ddl Zan, ad ammettere che «la sacrosanta legge contro l’omofobia ha bisogno di testimonial seri e inattaccabili e i casi “Iconize” e simili fanno molto male alla causa».
Il riferimento della Lucarelli è a una presunta aggressione omofoba ai danni dell’influencer Marco Ferrero, in arte Iconize. Secondo la ricostruzione de Il Fatto Quotidiano, quest’ultimo aveva diffuso un video affermando di essere stato preso a pugni per strada da tre balordi. A smentire questa versione è stata Dayanne Mello, durante la sua partecipazione al Grande Fratello VIP. Secondo quanto detto dalla modella italo-brasiliana, Iconize avrebbe raccontato all’amica Soleil Stasi di aver fatto finta di tirarsi un pugno in faccia da solo. Iconize ha smentito categoricamente ma, in seguito, è stata la stessa Soleil Stasi, ospite a Pomeriggio 5 da Barbara D’Urso, a confermare l’atto autolesionistico di Iconize, il quale si sarebbe addirittura «colpito con un surgelato». Parole che hanno lasciato sbigottita la stessa D’Urso, che pure, da tredici anni si batte contro l’omofobia.
A Padova, due gay, Mattias e Marlon, hanno denunciato un pestaggio da parte di cinque ragazzi, durante una passeggiata a piazza delle Erbe. Visti baciarsi, i due sarebbero stati gettati a terra e presi a calci e pugni, mentre un amico corso a difenderli, ha riportato cinque punti di sutura, dopo aver ricevuto un bicchiere spaccato in testa. La ricostruzione degli inquirenti, però, è un po’ diversa: come confermato dalle telecamere di sorveglianza, l’aggressione sarebbe, sì, avvenuta, ma senza alcun insulto omofobo da parte di nessuno. I cinque denunciati avrebbero agito in preda ai fumi dell’alcool. Probabili anche i moventi politici: Mattias è un no global membro di un centro sociale, mentre nella rissa gli aggressori sono stati ingiuriati come «fascisti di m…».
Uno dei casi più vecchi e più drammatici è quello del suicidio del quindicenne romano Andrea Spezzacatena. Pochi giorni dopo il tragico fatto, avvenuto nel novembre 2012, il Gay Center parlò di bullismo omofobico ai danni del liceale. La madre, i compagni di classe e gli insegnanti del ragazzo, però, precisarono che, da almeno un anno, Andrea era innamorato di una coetanea e che «lo smalto e i vestiti rosa, di cui andava fiero, erano il suo modo di esprimersi». Inoltre, nel Liceo Cavour nessuno studente, né alcun insegnante si erano mai contraddistinti per atteggiamenti omofobici verso nessuno.
Sempre nel 2012, Marco Coppola, presidente dell’Arcigay di Verbania viene coinvolto in una rissa assieme a degli amici nella discoteca Just In a Germignaga (Varese). Coppola denuncia l’episodio come aggressione omofoba nei suoi confronti, invocando «urgentemente l’estensione della legge Mancino». Dal video relativo all’episodio e dalle successive ricostruzioni giudiziarie, però, emerge che gli omosessuali presenti non sono stati picchiati, mentre, al contrario, uno di loro ha preso a morsi un buttafuori. Da parte sua, il Prefetto ha detto: «l’orientamento sessuale non c’entrava. Erano stati i gay a provocare».
Nel novembre 2019, in un bar Pozzallo (Ragusa), un uomo di 28 anni e un minorenne litigano per futili motivi in un bar. In seguito, il padre del primo, rintracciato il secondo, lo prende a pugni. Nel giro di poche ore, si diffonde la notizia di un caso di omofobia, ma persino il sindaco di Pozzallo esprime forti dubbi a riguardo.
Rovigo, aprile 2015. Un uomo rompe una bottiglia in faccia ad una coppia omosessuale. Nel giro di poche ore, si diffonde la notizia di un pugile in fuga, ricercato dalla polizia, probabilmente fomentato dalle prediche omofobe di un parroco locale. La realtà dei fatti, però, è un’altra: un uomo è inciampato con un bicchiere in mano e alcune schegge sono andate a ferire la coppia. Tanto è bastato ai circoli lgbt locali per diffondere la notizia di un’aggressione omofoba.
Il 17 marzo 2019, viene ucciso a Roma, a Largo Preneste, l’artista Umberto Ranieri. L’ex compagno di Ranieri grida subito all’omofobia ma tre mesi dopo, emerge una ricostruzione diversa. Un diciottenne di origini tunisine viene fermato con l’accusa di omicidio: Ranieri gli aveva raccomandato di mangiare senza sporcare per terra e il giovane magrebino avrebbe reagito uccidendolo.
Alla fine dell’estate 2020, Marco e Denis, una coppia gay in vacanza a Fasano, si vedono portare a tavola una portata con un pene disegnato sopra dallo chef del resort. Poco dopo Marco e Denis pubblicano una recensione sul sito di una guida gastronomica, citando lo spiacevole episodio. In seguito, modificano la recensione, aggiungendo di aver «ricevuto le scuse del direttore e del titolare della struttura» e la notizia che lo chef era stato sospeso. Poco dopo arriva la smentita: nessun dipendente è stato sospeso dopo il fatto raccontato dalla coppia, che, semplicemente, non è mai avvenuto. La speranza di Marco e Denis era quella di ottenere un risarcimento dalla struttura, per potervi soggiornare gratis. Non essendovi riusciti, avevano modificato la recensione, inventandosi le scuse del titolare e il licenziamento dello chef.
Arriviamo infine al caso dei due gay aggrediti nella metropolitana di Roma, lo scorso 23 marzo. L’episodio viene subito strumentalizzato per portare acqua al mulino del ddl Zan. Poco dopo, però, si scopre che il facinoroso aveva già alle spalle altre aggressioni nei paraggi della stazione di Valle Aurelia e in nessun caso precedente il movente era stato l’omofobia.