Esiste un gene gay? In altre parole: è vero, come sostiene la lobby GLBT che l’omosessualità abbia radici genetiche?
Secondo il Dott. Neil Whitehead, dopo 20 anni di ricerca scientifica sulla materia, assolutamente no.
Una delle prove è l’insistenza nella popolazione di una percentuale di persone che hanno cambiato il proprio orientamento sessuale.
Basti pensare che il 3% di coloro che si dichiarano eterosessuali ammettono di aver, in passato, provato sensazioni di tipo bisessuale od omosessuale. Il medesimo passaggio può avvenire in senso inverso. Ma questi cambiamenti accadono “naturalmente”, alcuni in modo repentino, senza essere “terapeuticamente” indotti. Da ciò ne consegue che l’orientamento sessuale nulla ha a che fare con un piano biologico, per modificare il quale si necessiterebbe di un’azione medica strutturata.
In ogni caso, nota a margine, il numero di persone che hanno cambiato l’orientamento sessuale verso l’eterosessualità esclusiva è di gran lunga superiore rispetto alla quota di popolazione che si definisce gay o bisessuale: vi sono, quindi, “più ex-gay che gay veri”, sostiene il Dott. Whitehead.
Ulteriore aspetto scientifico è la presa in analisi di migliaia di casistiche di fratelli gemellari. Si deve in prima battuta scegliere il proprio gruppo di controllo per condurre la ricerca nell’ambito dei gemelli geneticamente identici, una porzione tra l’11 ed il 14% della popolazione gemellare. In questo caso, avendo il medesimo patrimonio genetico, vi dovrebbe essere una corrispondenza di inclinazione sessuale pari al 100%: ambedue gli individui dovrebbero, quindi, partecipare della medesima categoria. Invece l’attrazione per persone dello stesso sesso è comune solo al 7,7% dei gemelli maschi ed al 5,3% per le femmine. Gli studi invece dimostrano come sono gli eventi casuali vissuti a contribuire all’omosessualità, esperienze che, di necessità, sono vissute in modo diverso anche tra gemelli identici.
Terzo aspetto: quello etnico. Il genere umano condivide la maggior parte dei propri geni, qualcosa che va dal 99,7% ed il 99,9%. Se l’omosessualità fosse geneticamente dettata, le pratiche omosessuali si riscontrerebbero in egual misura in tutte le culture, cosa non riscontrata dai fatti: vi sono etnie che vivono con una percentuale risibile, quasi inesistente, di gay mentre altri gruppi che presentano una fetta ben più ampia. Ulteriore punto da analizzare è il tasso di cambiamento di identità sessuale nella medesima etnia: all’interno del modello occidentale si riscontrano brusche modifiche, anche in una sola generazione, aspetto assolutamente non coerente con un’eventuale mutamento genetico.
Ultimo aspetto: l’attrazione sessuale, che sia essa etero od omodiretta. Sul piano biologico tale momento dovrebbe pervenire con un evento geneticamente programmato, quello della pubertà. In realtà riscontriamo un diffusione dilagante dell’anticipazione di questo passaggio della vita, conseguenza di un contesto socio-culturale in cui la sessualizzazione è molto elevata.
Tutti questi aspetti, assieme a tanti altri, argomentano come l’omosessualità sia una caratteristica indotta più dalla cultura, intesa come insieme delle esperienze che qualificano una vita, che dalla natura.
Redazione
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