Un articolo recentemente pubblicato nel Journal of Medical Ethics sostiene la necessità di consentire l’uccisione dei pazienti malati dopo il prelievo degli organi, cioè una sorta di fusione tra eutanasia e donazione di organi.
Insomma, una formula “due in uno”, come al supermarket.
Il problema dei trapianti e del prelievo degli organi è molto serio e ne abbiamo parlato più volte (vedi ad esempio qui, qui e qui).
Gli autori portano ad esempio il Belgio, dove vige la regola del “consenso presunto” per l’espianto: quando tre medici convengono sulla dichiarazione di morte di un paziente (che però ancora è vivo) al medico curante è legalmente consentito prelevarne gli organi, anche senza un’espressa dichiarazione di volontà del soggetto interessato.
La legge stabilisce esplicitamente che ai parenti bisogna dare la possibilità di dire addio al defunto il più presto possibile dopo che gli organi sono stati prelevati.
Con la mentalità pro-eutanasia che ormai regna in Belgio, questo significa che tutti i “sofferenti” potrebbero essere considerati potenziali fornitori di organi.
Ovviamente gli autori dell’articolo suggeriscono che i medici dovrebbero essere in grado di consigliare la donazione di organi ai richiedenti l’eutanasia, evitando assolutamente ogni forma di pressione o di coercizione emotiva... Sappiamo bene però come vanno le cose nel momento in cui si inizia ad aprire la falla nella diga. Come scriveva Aristotele, un piccolo errore iniziale è causa di un grande errore alla fine.
Ed è qui il problema: dal momento in cui il personale medico e la società intera arrivano a considerare l’eutanasia come una valida soluzione al problema della sofferenza e del dolore (fisico o psicologico che sia), alla fine non importa se quanti hanno una vita “non degna di essere vissuta” siano considerati un insieme di pezzi di ricambio: i loro organi servono a persone la cui vita, invece, è degna d’essere vissuta. E con quegli organi migliora di qualità! Perché sciupare tanto ben di Dio?
Fonte: LifeNews
Redazione