21/10/2018

Famiglia numerosa è bello: #PostcardsForMacron

«Presentatemi quella donna che ha deciso, essendo perfettamente educata, di avere sette, otto o nove figli». Questa frase, pronunciata da Emmanuel Macron durante l’evento “Portieri” della Gates Foundation tenutosi a New York dal 25 al 26 settembre, è diventata virale all’inizio di questa settimana e ha suscitato grande polemica tra tutti coloro che vedono nella famiglia numerosa una risorsa per la società e un esempio virtuoso di apertura alla vita.

Tanto che sui social si è ben presto diffuso l’hashtag #PostcardsForMacron, attraverso il quale tante mamme hanno inviato al presidente foto della loro famiglia felice. La promotrice della catena è la dottoressa Catherine R. Pakaluk, professoressa di ricerca sociale ed economia presso la Catholic University of America, che ha condiviso una foto (qui sotto) di se stessa e di sei dei suoi otto figli, spiegando poi che ha conseguito un master e un dottorato di ricerca ad Harvard e che ha avuto «otto bambini per scelta».

bambini_famiglia_Macron_post

Dopo la Pakaluk, come si diceva, moltissime altre donne hanno seguito il suo esempio, postando foto e scrivendo frasi. Riportiamo solo alcuni tweet, tra i tanti, ripresi dalla CnaBeth Hockel, ha pubblicato la foto della sua famiglia e sotto ha scritto: «Una laurea a Stanford, ingegnere elettrico, mamma di 11 figli». Elizabeth Foss, mamma di nove figli: «Sì, sono tutti miei. E così anche la mia laurea (presso l’Università della Virginia)». Molti utenti poi «hanno sottolineato che la filosofa Elizabeth Anscombe era madre di sette figli, eppure insegnava ancora a Oxford e Cambridge».

Nel panorama italiano, infine, segnaliamo Annalisa Sereni (medico noto ai lettori di Pro Vita), che ha scritto su Facebook: «Laurea. Specializzazione. Due libri scritti. 8 figli».

Tutte queste testimonianze rendono evidente un fatto che evidentemente sfugge a Macron: costruire una famiglia e mettere al mondo dei figli non è una disgrazia, ma anzi è una benedizione e non inficia la possibilità di raggiungere una piena realizzazione anche in ambito professionale, posto che sia questo quello che la donna desidera.

Infatti, una prima riflessione che si potrebbe proporre a Macron è quella per cui una donna che decide di donare la propria vita e il proprio corpo a servizio della vita, mettendo al mondo tanti figli, non solo risponde in maniera piena alla vocazione alla maternità (in questo caso fisica, ma vi è anche quella spirituale) che abita nell’intimo di ogni donna, ma altresì si realizza pienamente, e spesso anche più di tante altre donne che decidono di sacrificare sull’altare della carriera la propria vita personale, salvo poi rendersi conto alle soglie della menopausa di non aver mai soddisfatto il proprio desiderio più intimo, quello di dare la vita.

In seconda battuta, è altrettanto importante ragionare sulla possibilità di migliorare la conciliazione tra maternità e lavoro, concedendo alle donne che desiderano avere figli ma anche continuare a lavorare il giusto tempo per godere della gravidanza in serenità e permettendo a loro e al loro bimbo di trascorrere i primi mesi dopo la nascita senza la pressione di dover tornare al lavoro dopo poco tempo. Come dicono psicologi e pedagogisti, infatti, la possibilità di costruire un attaccamento sicuro è fondamentale non solo durante l’infanzia, ma ha un riflesso per l’intera vita. Ogni maternità è a sé e non è una “perdita di tempo” per la donna, per il datore di lavoro e per la società, come la spinta al profitto e una malintesa uguaglianza tra uomini e donne vorrebbero farci credere.

Questi sarebbero ragionamenti degni di un presidente che ha a cuore lo sviluppo del proprio Paese e la felicità dei propri cittadini. Ma, lo sappiamo e lo viviamo quotidianamente, oggi parlare in maniera positiva e propositiva di vita e di famiglia è un atto quasi trasgressivo.

Teresa Moro

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