L’opera di disgregazione ideologica, giuridica e culturale della famiglia ha compiuto un altro passo in avanti.
Abbiamo già chiosato la sentenza ideologica e contraddittoria della CEDU emessa il 30 giugno 2016, dalla prima sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso di Taddeucci e McCall vs ITALIA (n. 51362/09).
Oggi proponiamo ai nostri Lettori un commento della stessa che è stato pubblicato in francese dall‘ECLJ, European Centre for Law and Justice, di Strasburgo.
Si tratta di un’organizzazione internazionale di giuristi, non governativa, dedicata alla promozione e protezione dei diritti umani in Europa e in tutto il mondo, con speciale status consultivo alle Nazioni Unite / ECOSOC dal 2007.
L’ ECLJ basa la sua azione su “i valori spirituali e morali, che sono patrimonio comune dei popoli europei e la vera fonte della libertà individuale, libertà politica e dello stato di diritto, principi che sono alla base di ogni vera democrazia” (Preambolo della statuto del Consiglio d’Europa).
Il caso è noto: un neozelandese, convivente con un italiano, ha chiesto il permesso di soggiorno per motivi di famiglia che è stato rifiutato dalle autorità italiane .
Priscille Kulczyk rileva che nella sua sentenza, la Corte ha dato una definizione di “vita familiare” molto ampia: è il rapporto di una coppia ( a prescindere dal sesso) che convive in un stato di stabile collaborazione.
La “famiglia”, perciò, secondo la CEDU, è un concetto “funzionale” (un po’ come quei giudici italiani che hanno ridefinito la “maternità”, tanto che ormai la mamma è un “concetto antropologico”). Si tratta di legami affettivi, anche senza alcun riconoscimento giuridico, purché il rapporto abbia alcune caratteristiche essenziali: cooperazione economica, coinvolgimento nelle responsabilità domestiche, esistenza di legami affettivi, appunto.
(In base a questa definizione conosco tante persone che hanno domestiche o badanti che – quindi – sono famiglia...)
La famiglia, quindi, sembra essere considerato più come un concetto geometria variabile a seconda desideri individuali piuttosto che l’ente che è alla base della società.
Se una coppia non sposata, anche dello stesso sesso, deve essere collocata nella stessa posizione giuridica di una coppia sposata, che valore ha il matrimonio? E’ solo un mezzo legale per ottenere alcuni benefici, non è più come l’istituzione su cui si basano la famiglia e la società.
Applicando questo ragionamento, quindi, la Corte potrebbe riconoscere a tutte le coppie conviventi gli stessi diritti della famiglia, a cominciare dall’adozione.
E se si concede a tutte le coppie non sposate lo stesso trattamento delle coppie sposate, in violazione del principio di sussidiarietà, delle norme internazionali, e dei trattati istitutivi del Consiglio d’Europa, in contraddizione con le sentenze che la stessa CEDU ha emanato finora, sarà negato agli Stati membri quel margine di discrezionalità, consustanziale alla sovranità stessa dello Stato, che con la sua legislazione interna ha il compito di riconoscere legalmente le convivenze e stabilire eventuali condizioni e impedimenti al matrimonio.
Oggi sono sulla breccia le coppie omosessuali. Domani si potrebbe trattare di coppie incestuose, casi di bigamia o di poliandria, e via via tutte le amenità che la fantasia umana possa partorire: basta che ci sia cooperazione economica, coinvolgimento nelle responsabilità domestiche, esistenza di legami affettivi.
Se tutto è famiglia, niente più è famiglia: l’opera di distruzione sarà compiuta.
Francesca Romana Poleggi