La recente ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere è perfettamente coerente con l’ordinamento vigente. Se però il discorso si sposta sul piano etico il discorso cambia notevolmente. Questa, in sintesi, la posizione di Antonio Baldassarre intervistato da Pro Vita & Famiglia sul caso della coppia separata, in cui è stato riconosciuto il diritto della donna di farsi impiantare un embrione concepito con l’ex marito, nonostante la contrarietà di quest’ultimo.
Una decisione giurisprudenziale che riflette un problema oggi ricorrente: la scelta di molte donne di dedicarsi alla maternità, quando ormai l’orologio biologico ha battuto la sua ora. Alla luce di ciò, secondo il presidente emerito della Corte Costituzionale, se la società – e con essa le leggi – non torna ad adeguarsi alla natura, sarà difficile trovare soluzioni soddisfacenti per il bene comune.
Professor Baldassarre, l’ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la sorprende?
«La premessa necessaria è che siamo su un terreno di “sabbie mobili”. In base a come è oggi regolato il diritto, sarebbe stato difficile diversamente da come ha fatto quel Tribunale. Poiché al momento del congelamento dell’embrione, il consenso del padre effettivamente c’è stato, il successivo ritiro di tale consenso non sarebbe stato tutelato dalla legge, quindi è difficile dare torto al Tribunale. Ho sentito qualche commento, specie da parte di alcune avvocatesse, che tirano in ballo eroismo e altruismo ma sono concetti che non c’entrano nulla con questa storia. Il consenso del padre era stato dato, quindi il successivo impianto dell’embrione, ormai, diventava semplicemente un problema di tempo e di soldi».
Fin qui sul piano della legge ordinaria. E sul piano della Costituzione?
«Sul piano costituzionale, c’è un problema aperto: quand’è che inizia la vita? Le decisioni della giurisprudenza, almeno secondo il mio punto di vista, sono discutibili, perché fanno iniziare la vita a gravidanza inoltrata, quindi a quel punto diventa tutto arbitrario. Se, però, si ritiene che il diritto alla vita di un embrione inizi già al momento del concepimento, è evidente che questa decisione non fa una piega».
Ritiene che questa ordinanza possa rappresentare un precedente destinato a fare scuola?
«Su questo non saprei dire. Si tratterà di vedere quale sarà l’orientamento della giurisprudenza. Ora non è che l’orientamento della giurisprudenza corrisponda alla verità. Quando parliamo di diritto e di sentenze, parliamo di convenzioni e di accordi tra persone che operano in un certo settore. Non stiamo parlando di verità o di falsità. Molto dipenderà dall’atteggiamento della giurisprudenza successiva. Però questa sentenza ha una sua logica».
Esulando dal piano strettamente giuridico, come si può valutare eticamente questa vicenda?
«In un’epoca storica in cui si permette alla gente di fare acquisti al supermercato degli embrioni, meravigliarsi per una sentenza del genere, non ha molto senso. Diverso sarebbe stato il discorso, se non ci fosse stato il consenso del marito ma il consenso c’era. La necessità del consenso nasce dal fatto che colui che ha concorso al concepimento, quindi alla formazione dell’embrione al momento congelato, diventa automaticamente il padre legittimo».
La decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere è la conseguenza di una società in cui molte separazioni sono dovute all’infertilità. Da questo punto di vista, che tipo di intervento legislativo o giurisprudenziale sarebbe necessario, a suo avviso, per rispondere a questa disfunzionalità sociale?
«Qualunque tipo di intervento legislativo dovrebbe cercare un minimo di invertire l’andamento che ha preso la società odierna. In fondo l’infertilità è una conseguenza di molte scelte di vita delle donne. Ovvio che, se prima pensano – legittimamente – a trovarsi un lavoro o a sistemarsi, per molte è inevitabile iniziare a pensare ai figli in un’età in cui la fertilità è già scarsa. È chiaro, dunque, che, se si vuole affrontare questo problema, gli interventi legislativi dovrebbero essere diretti a modificare integralmente lo stile di vita delle società moderne. Dovrebbero prevedere strutture di assistenza per i bambini, che attualmente non esistono o sono molto esigue. Servirebbero dunque una serie di interventi idonei a cambiare una situazione come quella attuale, in cui le donne tendono a cercare di avere figli ad un’età in cui ormai la natura ha deciso che la fertilità è ormai trascorsa. Il problema è la concezione della società in generale. Al giorno d’oggi siamo tutti al servizio delle esigenze del capitalismo e una società capitalista tratta le persone come merci. Di conseguenza, serve uno Stato forte che cambi i meccanismi di accesso al lavoro, prevedendo forme di assistenza all’infanzia e aiuti alle coppie che desiderino di avere figli presto. La natura biologica umana prevede la fertilità femminile in un’età in cui di solito le donne si laureano o iniziano a lavorare. Nel momento in cui si sono “sistemate”, spesso la natura ha già “chiuso i cancelli”. E se la società, la politica e le leggi non si adeguano alla natura, sarà difficile trovare una soluzione».