Il dottor Jan Karbaat era un medico che dirigeva una clinica per la fecondazione artificiale in Olanda fino al 2009.
Ben 22 persone lo accusano di aver usato il suo sperma per fecondare gli ovuli delle sue clienti, a loro insaputa.
Karbaat è morto nello scorso mese di aprile, all’età di 89 anni e non può essere più perseguito. Ma 12 persone nate dalla fecondazione artificiale operata in quella clinica e 10 donne che hanno commissionato la produzione di un figlio lì, hanno intrapreso una class action per un test del DNA post mortem. Il tribunale ha ordinato quindi di prelevare il DNA del defunto dai suoi effetti personali, nonostante che nel testamento l’uomo avesse chiesto di non farne.
La clinica per la fecondazione artificiale del dottor Karbaat, già nel 2009, quando aveva chiuso era stata condannata per delle irregolarità rilevate nella sua tenuta di registri.
Una delle parti in causa è la dottoressa Moniek Wassenaar, di 36 anni, una psichiatra. Ella ha messo in discussione la sua paternità vista la evidente somiglianza col dottor Karbaat. Lo ha interpellato prima che morisse ed egli ha ammesso che era possibile: poteva avere una sessantina di figli. Karbaat le ha detto che attraverso la fecondazione artificiale era orgoglioso di diffondere il suo seme. Lui era in buona salute e intelligente, quindi poteva ben condividere il suo patrimonio genetico con il mondo. Lo considerava addirittura una nobile missione.
Dicevano gli antichi “Mater semper certa, pater numquam” (la madre è sempre certa, il padre mai): oggi, con la fecondazione artificiale – per non parlare dell’utero in affitto – non sono più certi né il padre né la madre. E non solo perché spesso i venditori di gameti sono anonimi, ma anche perché le cliniche dove si pratica la fecondazione artificiale ne fanno di pasticci! Molto spesso per colpa (negligenza, incuria, disordine), e qualche volta – come nel caso di Karbaat, con dolo, volontariamente.
In questo caso (perché le vittime della fecondazione artificiale sono anzitutto i milioni di bambini morti e le donne illuse e sfruttate), chi, alla fine, ci rimette sono l’esercito di persone senza identità, figlie di non si sa bene chi, che devono superare un disagio esistenziale non da poco, per riuscire a metabolizzare le loro origini incerte.
Ma di loro, a qualcuno importa? Importa solo il “diritto al figlio” di adulti scervellati e il grosso business delle cliniche per la fecondazione artificiale.
Redazione
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