Jennifer Lahl è un’ex operatrice sanitaria, autrice e produttrice del documentario Eggsploitation, che fa luce sul mercato, lucroso per alcuni e pericolosissimo per altri, degli ovociti.
Per molte delle donne coinvolte, infatti, il gesto “altruistico” che le ha spinte a “donare”, anche se il “rimborso spese” era molto allettante, ha avuto effetti collaterali gravissimi.
Ma la cosa più grave è che è mancata in tutta la vicenda una corretta informazione preventiva delle “donatrici”.
E’ inoltre da precisare che sempre – anche quando sinceramente altruiste – le “donatrici” si trovavano in condizioni di bisogno e quindi sono determinate, alla fine, a sottoporsi alla procedura da motivi economici.
Vediamo insieme la lettera accorata che ha scritto una giovane, Mimi, a Jennifer Lahl.
Ha donato per 4 volte. Ora ha capito che ha compromesso pericolosamente la sua salute. Quella “salute sessuale e riproduttiva” che tutti dicono di voler garantire, quando si tratta di “diritto” all’aborto.
Scrive Mimi: “Durante la prime procedure è andato tutto liscio. Mi è stato dato Menopur e Bravelle da prendere da me, a casa. Ero eccitata dall’idea di poter aiutare le coppie che non hanno bambini. Sono sempre stata una persona molto altruista. E poi il denaro che mi hanno offerto era molto allettante: studiavo, ero senza lavoro e facevo fatica a tirare avanti. Ho fatto una ricerca on-line per vedere gli effetti collaterali e i possibili effetti a lungo termine dell’espianto di ovuli, ma non ho mai avuto informazioni complete e sufficienti. Ho anche chiesto ai medici e agli infermieri della clinica, ma nessuno mi ha fatto presente che ci fossero rischi.
Dopo ogni donazione, ho incominciato a ingrassare in modo significativo. Da 61 chili, ora ne peso più di 72. Senza cambiare la mia routine, le mie abitudini alimentari e l’attività fisica. Non capivo proprio perché mi fosse accaduto.
Dopo quest’ultimo prelievo di ovuli, però, ho avuto effetti collaterali più gravi. Mi sono gonfiata come un pallone. Ogni passo che facevo mi faceva male la pancia. Ogni sobbalzo in auto era da urlare di dolore.
Ho chiamato la clinica e mi hanno detto che non era niente di cui preoccuparsi.
Alla fine, per fortuna è passata. Però non mi è più tornato il ciclo. Temo di poter sviluppare qualche forma di cancro dell’apparato riproduttivo e temo di non poter più avere figli: ho solo 23 anni!
Ho scoperto che altre donne sono state molto peggio di me, ma non mi do pace. Mi hanno ingannato“.
Quando la Lahl ha ricevuto questa lettera da Mimi, le ha consigliato di raccogliere tutte le cartelle cliniche e di consultare uno specialista estraneo alla clinica dove ha fatto l’espianto di ovuli. Le consiglia inoltre di raccontare a tutti, quando può, delle sue vicende. Infatti Mimi accetta di far pubblicare la sua storia.
Per fortuna, dopo aver seguito il consiglio della Lahl, il medico dice a Mimi che per il momento è tutto in ordine, anche se – purtroppo – non si possono escludere né prevedere altri effetti a lungo termine.
Per le quattro “donazioni” Mimi ha ricevuto in pagamento un bel po’ di soldi: $5,000, $5,500, $6,000, e $6,500. Ecco perché ci vanno le virgolette!
Poi conclude: “Qualche volta mi chiedo come sono i miei bambini. So che le gravidanze hanno avuto esito positivo. Qualche volta vorrei vederli, almeno in fotografia. Mi piacerebbe tenermi in contatto con le loro famiglie. So che non è possibile e quindi cerco di non pensarci. Quando vedo su Facebook dei bambini neonati a volte mi chiedo se mi somigliano. Ma non sono triste. Penso che avrò dei bambini miei un giorno“.
Redazione
Fonte: CBC – Center for Bioethics an Culture Network