No, l’uomo non deriva dalla scimmia. L’immagine qui sopra è parte della solita propaganda darwinista. Qui, però, l’evoluzione della specie ci interessa, perché a quanto pare potrebbe essere influenzata dalla fecondazione artificiale.
Abbiamo già detto qui dei rischi che corrono i bambini prodotti in vitro a seguito di fecondazione artificiale (quell’uno o due su dieci che vede la luce, peraltro).
E’ sempre un articolo della rivista scientifica Human Reproduction che mette in guardia a proposito del rischio evolutivo:”Lo scopo di questo articolo – dicono gli autori, Hans Ivar Hanevik, Dag O. Hessen , Arne Sunde e Jarle Breivik, medici, ricercatori e accademici norvegesi – non è discutere a favore o contro la fecondazione artificiale, ma affrontare gli aspetti della riproduzione assistita e i suoi effetti, in un contesto evolutivo”.
La fecondazione artificiale, infatti, sta ridefinendo la società umana poiché cambia sistematicamente i meccanismi selettivi dei gameti, rispetto a quelli predisposti dalla natura.
Le uova umane che sopravvivono al processo di selezione sono diverse dalle uova normali. La fecondazione artificiale impiega gli spermatozoi che nuotano velocemente per una breve distanza, mentre la natura “favorisce i nuotatori di lunga distanza in grado di risalire su per tutto il tratto riproduttivo femminile“.
Gli embrioni prodotti in vitro devono sopravvivere al congelamento e a terreni di coltura predisposti dagli uomini in una capsula di Petri (e che ci sta dentro il brodo di coltura? Ce lo chiedevamo qui). Perciò devono avere caratteri diversi da coloro che sono concepiti naturalmente nelle tube e si impiantano – dopo che autonomamente si fanno strada, dialogando con la madre – in utero.
Avevamo già visto che alcuni scienziati si ponevano il problema già parecchio tempo fa: non sappiamo in effetti cosa sarà delle persone concepite in provetta, perché le più anziane di loro, adesso, hanno circa 40 anni. Quindi sono ancora giovani.
Anche le coppie che ricorrono alla fecondazione artificiale fanno parte di una categoria ben precisa di individui: sono individui per qualche motivo non fertili, che vivono in società ad alto reddito, con lo stile di vita connesso.
Si sta individuando, così, una “sottopopolazione” in cui la riproduzione è completamente dipendente dalla fecondazione artificiale. E questa tecnica favorisce la trasmissione di caratteri ereditari geneticamente propri a questa categoria. E’ quindi ragionevole presumere che si andranno a generare individui “sub – fertili” come i loro genitori: la specie umana sta diventando non solo culturalmente ma anche biologicamente sempre più dipendente dalla tecnologia.
Dobbiamo consolarci perché i bambini concepiti in provetta che poi alla fine vedono la luce sono relativamente pochi? Penso sia una magra consolazione.
Francesca Romana Poleggi
Fonte: BioEdge